sabato 27 novembre 2010

This is the question


Da un paio di giorni non esco di casa per via di un malanno stagionale, e con mio vivo disappunto non posso andare al cinema. In mancanza del grande schermo, mi sono rivolta a quello piccolo, che uso soprattutto per dare sfogo alla mia strabordante passione per le serie TV. Ieri sera, accendendo la televisione per godermi il delirio seriale del momento, sono capitata su un film italiano che non avevo mai visto e che ho deciso di stare lì a guardare.
Non l'avessi mai fatto.
Dopo soli 10 minuti ho sentito che la mia salute stava vacillando. Ma non quella fisica, quella mentale.
Il film in questione era Bianco e Nero di Cristina Comencini.
Come succede spessissimo per i film che fanno nel nostro paese, mi è sorta spontanea la solita domanda: perché? Perché una regista non stupida come la Comencini non capisce che sta facendo un film che sarebbe indegno anche di una soap-opera di quarta categoria? Come si può pensare di affrontare il tema dei rapporti conflittuali tra bianchi e neri in Italia in quel modo? Ovvero un'infilata unica e senza pause di luoghi comuni, dialoghi più che imbarazzanti, prove di recitazione degne dell'oratorio (Fabio Volo e Ambra Angiolini, braccia rubate all'agricoltura!), e una regia di un piatto e di un banale da risultare talmente deprimente che dopo il film uno vuole solo andare a bere per dimenticare? Una pellicola che non soltanto non aiuta a capire una mazza di niente, ma che se possibile allarga il divario e aumenta l'incomprensione tra i popoli. E tralascio gli insulti al grottesco happy end. Ma come si fa, dico io, a non capire che non se ne può più di un cinema fatto così? Ma perché il pubblico italiano viene trattato come se si meritasse ancora questi film mediocri? Dubbio atroce: perché se li merita???
Stremata da questa visione, mi sono buttata a capofitto in tutt'altro livello di immagini, quelle di In Treatment (In Analisi) - Stagione 2. Una serie HBO (Santi Subito pure loro!) che quest'anno negli Stati Uniti è già arrivata alla sua terza stagione. Basata su una serie originale della Tv Israeliana, In Treatment regala quello che promette nel titolo: le sedute di uno psicanalista. Tra tutti i suoi pazienti, ne vengono scelti quattro, che vengono seguiti ogni settimana lo stesso giorno, mentre il venerdì è dedicato all'incontro del dottore con la sua supervisor, con la quale fa il punto sui suoi pazienti. Quando racconto alle persone di cosa parla questa serie, tutte mi fanno la stessa domanda: ah, ma quindi si vedono le cose che i pazienti raccontano durante la seduta? No, non si vede niente, non succede niente. Ci sono due persone che per mezz'ora stanno sedute una di fronte all'altra e parlano. Niente di più. Lo so, state pensando: che palle! Spiace deludervi, In Treatment è una delle cose più appassionanti che ci siano in circolazione.
E allora mi sono chiesta: perché In Treatment sì e Bianco e nero no?
Perché gli sceneggiatori e i registi delle serie TV americane OSANO. In tutti i campi. Osano nelle situazioni, nei dialoghi, nei format, nelle storie che raccontano. Cercando di andare a fondo, di non restare in superficie, di non accontentarsi. Non hanno paura di esagerare, di non essere politically correct, di sconvolgere gli animi o di ampliare la visione degli spettatori, forse perché sanno che gli spettatori saranno in grado di seguirli. Che, addirittura, vogliono seguirli.
E quindi ecco che sfornano questi prodotti (In Treatment non è che uno dei tanti) con sceneggiature perfette, dialoghi strepitosi, una regia inventiva ed attenta, e un cast di attori che sembra che nella vita abbia fatto solo quello e così bene (ovvero recitare divinamente) dalla più tenera infanzia.
In Treatment, in questo senso, è un regalo di valore inestimabile. La parte del protagonista, il dottor Paul Weston, è stata affidata all'attore Irlandese Gabriel Byrne, semplicemente grandioso (e ai primi posti nella personale classifica di Zazie tra le ragioni per cui vale la pena di vivere). Byrne, diventato famoso al grande pubblico con The Usual Suspects di Bryan Singer, ha lavorato con alcuni dei più grandi registi del cinema contemporaneo, come i Fratelli Cohen (nell'adorabile Miller's Crossing), David Cronenberg (Spider), Jim Jarmush (Dead Man), Ray Lawrence (Jindabyne), John Boorman (Excalibur), solo per citarne alcuni, ma ha anche ricevuto numerosi riconoscimenti per i suoi lavori a teatro (ricordo ancora con emozione di averlo visto recitare a New York 10 anni fa in A Moon for the Misbegotten di Eugene O'Neill). Per il suo ruolo da psicanalista in In Treatment, Bryne ha ricevuto un Golden Globe nel 2009 e numerose candidature ad altrettanti premi. 
Un'altra straordinaria attrice presente nel cast è Dianne Wiest, che in In Treatment è Gina, la supervisor del Dott. Weston. La West è un volto noto dei film di Woody Allen (grazie ai quali ha vinto per ben due volte un Oscar), ma qui, se possibile, raggiunge un'ulteriore vetta di bravura. Gli episodi dedicati agli incontri Paul-Gina, per quanto mi riguarda, sono sempre i migliori, e il piacere che i due attori sono in grado di dare agli spettatori è qualcosa che riconcilia con il mondo. In questa stagione della serie, vorrei menzionare altre due attrici strepitose: Hope Davis, nella parte di un'avvocatessa quarantenne appagata sul lavoro ma infelice nella vita privata, e Alison Pill (solo 25 anni ma già apprezzata in Milk), nella parte di una ragazza che scopre di avere un cancro e non vuole farsi curare.
Insomma, io alla Comencini e a numerosi altri registi Italiani vorrei consigliare di andare un po' In Treatment prima di pensare/scrivere/dirigere altri film di scarsa qualità di cui faremmo volentieri a meno.
Avrebbero davvero bisogno di farsi vedere da qualcuno.
Da uno bravo, però.


ps Grazie a Franco e Chiara per avermi fornito In Treatment 2! (anche se non tutto, infatti adesso sono disperata...)

4 commenti:

  1. VOGLIO la seconda serie di in Treatment!

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  2. Te la passo, te la passo, tranquilla!

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  3. Sei pazza ad averlo cominciato senza la fine... Domani ti spedisco il DVD senno mi finisci anche tu in intreatment. Baci franco

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  4. Grazie Franco! Ti sarò eternamente grata!!!

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