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venerdì 28 febbraio 2014

Zazie d'Or 2013


Oscars? Golden Globes? Golden Lions? Golden Palms? Golden Bears? BAFTAs? Césars?
Totally has been! Totally out of fashion! The most prestigious cinema award worldwide is – no doubt about it - the one and only ZAZIE D’OR!
Last year, Zazie has been 84 times to the movies and this, dear readers, is the BEST OF IT ALL:


The Zazie d’Or for BEST PICTURE 2013 goes to
LA VIE D'ADELE by Abdellatif Kechiche (France)
They are two girls in France but they could have been a boy and a girl in Japan or two boys in Alaska. Kechiche proves (thanks to two actresses en état de grace) that the first love and the first pain of love are universal and unforgettable. M A G N I F I Q U E !

The SPECIAL ZAZIE D’OR 2013 goes to
INSIDE LLEWYN DAVIS by the Coen Brothers (US)
A folk singer, a cat named Ulysesse, a bunch of beautiful songs, a cold winter in the NY of the 60s. And the genius of the Coen Brothers to turn a disastrous series of events into the most pleasant cinema moment of the year. W O N D E R F U L !

The ZAZIE COUP DE COEUR 2013 goes to 
12 YEARS A SLAVE by Steve McQueen  (US)
Before seing this movie I had no idea what being a slave meant. After having seen it, I do.

Very much so.
Zazie would like to give a special prize to the entire cast of this movie for their excellent performances: CHIWETEL EJIOFOR, LUPITA NYONG'O, MICHAEL FASSBENDER, SARAH PAULSON, BENEDICT CUMBERBATCH, PAUL DANO, PAUL GIAMATTI, they are all amazing. BRAD PITT, I am afraid, IS NOT included (but we thank him, anyway, because without his presence the money to produce the film would have never been found).
The Zazie d'Or for BEST DIRECTOR 2013 goes to
NICOLAS WINDING REFN for ONLY GOD FORGIVES (Thailand)
This is a prize that will surprise many of you, I know. Nobody liked this movie except me and few other people. Well, j'assume! I have always loved his cinema, and I adore the way he films. I am completely under his spell. I can stay in front of the screen for hours if Winding Refn is behind the camera.

 
The Zazie d’Or for BEST ACTOR 2013 goes to
BRUCE DERN for NEBRASKA by Alexander Payne (US)

You don't need to have made the Actor's Studio to give the performance of the year. You don't even need to be young and beautiful, to loose 30 kgs, to have a handicap or a mortal illness. Sometimes you just need to be Bruce Dern in a black & white movie. This one.
The Zazie d’Or for BEST ACTRESS 2013 goes to
CATE BLANCHETT for BLUE JASMINE by Woody Allen (US)
Yes, I know, she has already won all the prizes in this world. I’ve tried to find somebody else, I thought a lot about the girls of La vie d’Adèle, but then I had to admit it: the most unforgettable one, is her Jasmine. There's nothing I could do about it!

The Zazie d'Or for BEST SCREENPLAY 2013 goes to
RICHARD LINKLATER+JULIE DELPY+ETHAN HAWKE for BEFORE MIDNIGHT by Richard Linklater (US)
These three people have done something unique in cinema history: they have created a couple 20 years ago and they told us their story ever since. We have grown up with Jesse and Céline: we have shared with them the joys of youth, the doubts of maturity and now the difficulties of the middle age. The dialogues of these movies should be studied in every cinema school, because they're simply perfect. 
I hope we will meet them again!
 
The Zazie d'Or for BEST CINEMATOGRAPHY 2013 goes to
BRUNO DELBONNEL for INSIDE LLEWYN DAVIS by the Coen Brothers (US)
Delbonnel, the man behind the magic light of movies like Faust and Le Fabuleux déstin d'Amélie Poulain, works for the first time with the Coen brothers and the result is more than special: the vintage patina of the '60s combined with the cold light of a NY winter is absolutely splendid!
The Zazie d'Or for BEST DOCUMENTARY 2013 goes to

STORIES WE TELL by Sarah Polley (Canada)

I adore Sarah Polley's cinema. Here she relates an incredible personal story: the discovery of her father not being her real father and her search for the natural one. In a strange mix of fictional super 8 films and interviews with the "real" people, she drags us into a very touching family history plenty of emotions, funny moments and universal questions about ourselves.


The Zazie d'Or for the BEST ORIGINAL SOUNDTRACK 2013 goes to
INSIDE LLEWYN DAVIS by the Coen Brothers (US)
What can I say? I'm listening to this record in a loop since the day I watched the movie for the first time (back in October 2013...)
The LITTLE ZAZIE D’OR (Best First Feature Film Prize) 2013 goes to 
HAIFAA AL-MANSOUR for WADJDA (Saudi Arabia) 
I have the greatest respect for a woman who is trying to make movies in a country where cinema doesn't exist and where women barely exist. She has filmed all the street scenes hidden inside the back of a truck, proving that, sometimes, revolutions can start with a little girl and her bike. W la Liberté!
The JEREMY IRONS PRIZE (Man of my Life Award) 2013 goes to
Irish actor GABRIEL BYRNE
In Le Temps de l’Aventure by Jérôme Bonnell, Byrne proves to be the sexiest 60something on planet earth. In the movie, he takes a commuter train to go from Calais to Paris because he is afraid of the tunnel under the English Channel. If you assure me that I’m going to meet somebody like him on a train like that, I swear to avoid the Eurostar for the rest of my life! 
Gabriel, here I come...

And for you, dear readers, what has been the best of 2013?

martedì 28 maggio 2013

Nebraska

Mi si può accusare di tutto, ma non di essere una blogger dai gusti poco eclettici.
Non più tardi dell'altro giorno ho fatto l'apologia di un film ultra-violento e dall'estetismo estremo, e adesso sto per tessere le lodi di qualcosa che si colloca - letteralmente - a milioni di anni luce di distanza da quel tipo di cinema e di estetica.
Grazie alla rassegna "Cannes à Paris", che si è svolta al Gaumont Opéra Capucines il 23-24-25 Maggio, ho potuto vedere un po' di film della rassegna appena terminata, godendo della varietà di scelte e stili. Tra questi, non mi sono lasciata sfuggire l'ultima opera del regista Americano Alexander Payne, Nebraska.
E ho fatto davvero bene.
Sono anni che amo il cinema di Payne, e per la precisione dal 2002, quando mi sono imbattuta in quel piccolo capolavoro che era About Schmidt, con Jack Nicholson. Uno dei film più divertenti, malinconici e teneri degli ultimi anni. 
E credo che questa sia proprio la cifra stilistica di Payne, confermata dalle sue opere successive: Sideways (2004) e The Descendants (2011). Spesso premiato, e non a caso, per le sue sceneggiature, nei film di Payne a farla da padrone sono proprio le storie, i personaggi, le loro parole, e i loro silenzi. Tutte cose che lui filma con grande maestria e con grande amore e compassione. L'America che ci racconta Payne è l'America dei losers totali, dei reietti della società moderna: persone che non hanno più un lavoro, o che l'hanno appena perso o che non l'hanno avuto mai. Con una vita sentimentale monotona (se stabile) e complicata (se in via di costruzione). Gente che ha sognato il successo ma che se lo è visto passare davanti senza riconoscerlo, o che l'ha agguantato un secondo e ci ha ricamato sopra una vita di menzogne, e gente che i sogni di gloria li ha seppelliti da fin troppo tempo e vive nella rassegnazione più cupa.
Nei suoi film si ride tanto, a volte tantissimo, ci si imbarazza un po', si viene colti da una terribile tristezza, e poi si fa pace con se stessi. Perché dopo qualche minuto che si guarda un suo film si capisce che, inevitabilmente, Payne sta parlando di noi stessi. Che quelli dei quali abbiamo appena riso a crepapelle, presentano i nostri stessi sintomi di inadeguatezza di vivere, di mancanza di glamour, di paura nei confronti delle aspettative degli altri su di noi, di noi su di loro, e di terrore per un futuro che ci immaginiamo non solo incerto ma anche pieno di solitudine o, nel migliore dei casi, stracolmo di incomprensioni reciproche.
In altre parole, Payne è un po' il Mike Leigh de-noantri-americani. Leggermente più sfumato e moderno, meno provocatorio, meno corrosivo, ma la stoffa è quella lì: l'umanità, la pietà con la quale osserva e ci racconta i suoi personaggi, è quella cosa bella per cui alla fine ci sentiamo tutti un po' meno soli perché parte del suo mondo.
Woody Grant (Bruce Dern) e sua moglie Kate (June Squibb)
Nebraska, in questo senso, è cinema di Payne allo stato puro, forse ancora più asciutto, ancora più essenziale. Incredibile che la sceneggiatura del film non sia stata scritta da lui (il regista ha trovato un grande fratello di scrittura in Bob Nelson).
Girato in un meraviglioso bianco & nero (ma perché i film in bianco & nero sono sempre i più belli?), Nebraska (stato americano di cui Payne è originario, by the way), racconta la semplice storia di Woody Grant, un pensionato che vive in Montana ma che vuole andare in Nebraska a ritirare quella che, secondo lui, è una vincita milionaria. Sua moglie Kate e i suoi figli David e Ross sanno perfettamente che si tratta di una truffa bella e buona (uno di quegli annunci con scritto in grande Hai vinto un milione di Dollari!), ma Woody non si rassegna. Dopo essere "scappato" di casa tre volte, e di fronte alla sua ostinazione, il figlio minore David decide di accompagnarlo in questo assurdo viaggio per andare a ritirare la famosa somma di denaro. Lungo il tragitto, ne approfittano per passare a fare visita ai familiari di Woody, fratelli e sorelle ormai anziani, rimasti a vivere nel paese di origine. Ma il viaggio sarà soprattutto un modo, per i due uomini, di conoscersi meglio e riscoprire il loro legame.
Woody (Bruce Dern) e suo figlio David (Will Forte)
Bruce Dern, nella parte di Woody, ha appena vinto il premio a Cannes per la migliore interpretazione maschile, e devo dire che sono assolutamente d'accordo con la giuria del Festival. Silenzioso, scorbutico, testardo, mezzo alcolizzato, dall'ironia pungente, ma anche di gran cuore, come si capirà nel corso del film, il suo Woody è indimenticabile e davvero toccante. Mai sopra le righe, mai compiacente, e senza mai spingere sul tasto della facile commozione, la sua interpretazione giocata tutta sulla sottrazione e la ritenuta, è un piacere assoluto, una grandiosa prova d'attore. 
Il cast di Nebraska al completo al Festival di Cannes (Laura Dern non c'entra, ma è la figlia di Bruce)
Ma tutti i personaggi sono tratteggiati benissimo, come è tipico del cinema di Payne, con un occhio particolarmente acuto nel rappresentare i "giovani" americani: dei trentenni rincoglioniti sempre al traino di genitori ormai anziani, dei totali buoni a nulla che sanno solo stare davanti alla TV a guardare partite di baseball con una birra in mano e il vuoto cosmico fuori e dentro di loro (qui i due gemelli nipoti di Woody, ma in About Schmidt il mitico fratello dello sposo, irrecuperabile drop out). Tenerissime, vive, e irresistibili, invece, le due donne del film: la moglie Kate (ogni volta che apre bocca c'è da morire dal ridere), e la vecchia fiamma Peg.
Insomma Nebraska è uno di quei film (sempre più rari??!), dai quali si esce convinti che alla domanda: "C'è ancora speranza per il genere umano?" si risponderebbe con un convintissimo "Sì!"
Vallo a capire, a volte, l'effetto che ci fa il cinema...

ps La data di uscita del film (almeno sugli schermi francesi) è prevista per l'autunno, motivo per cui non esistono ancora né un poster né un trailer ufficiale. Accontentatevi di quello che ho trovato!

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