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domenica 2 settembre 2012

Lola

Vado PAZZA per Jacques Demy, questo ormai si sa.
Adoro i suoi film, il suo mondo e la sua idea di cinema. Adoro persino la sua famiglia: sua moglie Agnès Varda, suo figlio Mathieu. Non mi stancherò mai di trovare scuse per scrivere di lui in questo blog, anche se è morto nel 1990 (ma perché tutti i miei registi preferiti se ne sono andati troppo presto? qualcuno me lo spiega?). 
A fine Luglio qui in Francia è ri-uscito nelle sale il suo primo film, Lola (1961), in versione restaurata. Quale migliore occasione per approfittarne ed andare nel mio amatissimo Ciné Studio 28 (con quelle meravigliose lampade di Cocteau al'interno che sembra già di stare in una fiaba) a vederlo sul grande schermo? Lola è davvero la prova che il cinema migliore non invecchia mai e che, se un film è speciale, rimane speciale anche a 50 anni di distanza.
Demy sul set del film, alla Cigale di Nantes
Siamo a Nantes (la città natale di Demy), è l'estate del 1960, e Lola, una ballerina ritornata in città dopo una lunga assenza, si esibisce all'Eldorado. Madre single del piccolo Yvon, avuto sette anni prima dal grande amore della sua vita, Michel (poi fuggito in America), Lola si imbatte per caso in un vecchio amico di infanzia, Roland Cassard. L'incontro suscita in entrambi numerosi ricordi, e fa nascere in Roland un sentimento per la donna, purtroppo non corrisposto. Lola, che a volte esce con uomini di passaggio (come Frankie, un marinaio americano in permesso a Nantes), in realtà è sempre innamorata di Michel e spera in un suo ritorno. Roland, stanco e annoiato dalla vita, dopo il rifiuto di Lola decide di accettare una proposta di lavoro piuttosto equivoca (un traffico di diamanti) e vola in Sud Africa. Prima di partire, conosce per caso in una libreria una vedova e la sua giovane figlia, Cécile, che gli ricorda molto Lola da giovane. Cécile, a sua volta, conosce per caso Frankie, che diventerà il primo amore della sua vita. E proprio quando Lola decide di accettare un lavoro di due mesi a Marsiglia, ecco che una cadillac bianca sfreccia per le strade di Nantes... chi sarà alla sua guida?

Lola, opera prima (dedicata a Max Ophüls), possiede già tutte le caratteristiche tipiche del demy-monde e schiera quei collaboratori che diventeranno parte della famiglia cinematografica del regista (e della Nouvelle Vague) nel corso della sua carriera: i decori e i costumi sono del geniale Bernard Evein, le musiche di Michel Legrand, la fotografia di Raoul Coutard, la segretaria di produzione Suzanne Schiffman (la stessa di Truffaut) e le parole della canzone di Lola sono di Agnès Varda. I legami non appartengono solo al mondo reale, però. I film di Demy si parlano, si allacciano gli uni agli altri, in una girandola di citazioni, di personaggi che ritornano, di ammiccamenti ad altri registi. Roland Cassard, ad esempio, ritorna tale e quale in un film successivo di Demy, Les Parapluies de Cherbourg, e il tema musicale che lo accompagna in Lola, si trasforma nell'altro in una vera e propria canzone. Cassard, diventato importatore di diamanti (carriera che aveva iniziato a svolgere alla fine di Lola), cita nella strofa del suo pezzo: Autrefois j'ai aimé une femme, Elle ne m'aimait pas, On l'appelait Lola, Autrefois... (Un tempo ho amato una donna, lei non mi amava, la chiamavano Lola). Cassard è il personaggio dei film di Demy destinato agli amori non corrisposti: nei Parapluies de Cherbourg si innamorerà, non ricambiato, di Catherine Deneuve (anche se finirà con lo sposarla). E ancora: l'unico amico che Cassard dice di avere, in Lola, è un tale Poiccard che, stando alle sue parole: "E' andato a finire male, si è fatto ammazzare..." Poiccard è il nome di Jean-Paul Belmondo in A bout de Souffle, girato da Godard l'anno prima (questa cosa me l'ha fatta notare la mia amica Laura, che ringrazio!). 
La stessa Lola sarà la protagonista di una successiva pellicola di Demy: Model Shop, film del 1968, ambientato a Los Angeles. Una delle colleghe-danzatrici di Lola, invece, è Corinne Marchand, che sarà la protagonista di Cléo de 5 à 7  di Agnès Varda. Altra chicca: il figlio di Lola si chiama Yvon, come il fratello minore di Demy. Insomma, si potrebbe andare avanti all'infinito, anche perché a sua volta Demy continua ad essere citato dai giovani registi francesi. L'esempio più eclatante, ne ho già scritto in questo blog, è Christophe Honoré, il cui primo film ha per titolo 17 fois Cécile Cassard. Avrete certamente notato il cognome... il nome Cécile invece è il vero nome di... Lola! Ah, quanto adoro questo genere di cose! Mi fanno proprio sentire a casa.
Lola e Roland Cassard
Film fintamente leggero e spensierato, come qualsiasi altra opera di Demy, Lola parla della forza e dell'intensità del primo amore, con tutto quello di magnifico e terribile che lo può accompagnare: la sorpresa, l'estasi, la felicità improvvisa, ma anche l'attesa, la delusione, la consapevolezza che non sarà mai più la stessa cosa. Le immagini, m e r a v i g l i o s e, della giovane Cécile sulle giostre con il marinaio Frankie, ne sono un perfetto esempio. C'è la gioia incontenibile di quei pochi attimi di felicità assoluta e subito dopo l'arrivo, implacabile, della realtà: Frankie sta per tornare in America e lei è solo una ragazzina di 14 anni. Ma quell'attimo è fondamentale, quell'attimo potrebbe farle decidere, come era stato per Lola in passato, di aspettare fiduciosa il ritorno dell'amante tanto amato. Nel film, Michel ritorna a prendere Lola dopo 7 lunghi anni, nella vita vera questa ipotesi mi sembra davvero un po' improbabile, ma come dice giustamente una delle protagoniste del film: 
"C'est toujour plus beau, au cinéma!" (Al cinema, è sempre più bello!).
Parole sante.

La Chanson de Lola versione Demy:

La Chanson de Lola versione Honoré
(cantata da Roman Duris in 17 Fois Cécile Cassard - 2002):

La Chanson de Roland in Les Parapluies de Charbourg (1964):


NB Lola in Italia è stato distribuito con un titolo a dir poco infame: Donna di vita. Ecco, io spero che il povero stronzo che l'ha deciso abbia sofferto per tanti anni ed in maniera continuativa di prurito alle parti basse. Donna di vita sua zia!

venerdì 29 ottobre 2010

Jacquot de Nantes

Ci sono registi che amiamo lo spazio di un film, registi che detestiamo dalla prima all'ultima inquadratura, registi che (peggio ancora) ci lasciano completamente indifferenti, e poi ci sono loro, i registi che ci cambiano la vita. Per i quali c'è un prima, e c'è un dopo. In questi giorni si celebra in tutta la Francia il ventesimo anniversario della morte di un uomo che ha fatto un'enorme differenza per tante persone, blogger che scrive inclusa: Jacques Demy.
Avrei così tante cose da dire, su di lui, che un post mi sembra davvero ridicolo. Ma ci proverò comunque.
Nato nel 1931 in un paesino della Loire-Atlantique, figlio di un garagista e di una parrucchiera, Demy è cresciuto a Nantes, che lascia nel 1949 per trasferirsi a Parigi ed entrare in una scuola di cinema, da sempre il suo più grande sogno. Diventa amico della banda dei Cahiers du Cinéma, inizia a scrivere delle sceneggiature, e nel 1958 incontra la regista Agnès Varda. E' il grande amore: si sposano nel 1962, hanno un figlio (Mathieu, ma della famiglia fa parte anche Rosalie, la figlia che Agnès ha avuto da una precedente relazione) e staranno insieme, salvo brevi separazioni, fino alla morte del regista, nel 1990. La filmografia di Demy non è sterminata: 14 lungometraggi in tutto, e include anche opere piuttosto bruttarelle ed assurde, ma grazie ad una manciata di titoli, Demy si è imposto come un maestro assoluto, come il creatore di un universo particolare ed inedito, modernissimo e retrò allo stesso tempo, con uno stile che ancora oggi rimane un punto di riferimento e un modello inimitabile per schiere di registi.
Sto parlando soprattutto di un film-pietra miliare della storia del cinema: Les Parapluies de Cherbourg, Palma d'Oro al Festival di Cannes 1964 e, almeno che io sappia, primo (e unico?) esempio di film cantato. Sì, avete capito bene, non sto parlando di un musical, dove la gente dialoga normalmente e ad un certo punto c'è una canzone e/o un balletto. Qui la gente invece di parlare, canta. Sempre. Lo so cosa state pensando: oddio, ma che roba è? questo è pazzo! No, credetemi, una volta che vi lasciate rapire dalla musica, dai colori, dal volto sognante di Catherine Deneuve, dalla dolcezza un po' maladroite di Nino Castelnuovo (eh, si, proprio lui... vi siete mai chiesti come mai Anthony Minghella gli avesse affidato una parte in The English Patient? La risposta è questo film!), dalla storia romantica ma crudele, dai dialoghi cantati che sono dei gioielli in rima, dalla mise en scène precisa e splendida di Demy, capirete perché per questo film la parola CAPOLAVORO non è spesa invano. Fondamentale, per la creazione di questo personalissimo universo, la sua collaborazione con due grandi artisti: il musicista jazz Michel Legrand e lo scenografo Bernard Evein (la carta da parati più bella della storia del cinema, la dobbiamo a lui), che non a caso saranno quasi sempre al fianco di Demy nel corso della sua carriera.
Ma già con il suo lungometraggio d'esordio, il bellissimo Lola (1960), Demy aveva fatto capire di cosa era capace, ed aveva introdotto alcuni dei temi a lui più cari, che ritorneranno come un ritornello in tutta la sua opera: la ricerca (e a volte la lunga attesa) dell'amore assoluto, la differenza di classe sociale come motivo di separazione tra gli amanti, la crudeltà del destino, la favola/il sogno come dimensione ideale per sopportare la realtà di questo mondo. Non è dunque un caso che uno dei suoi film più riusciti sia stato la trasposizione in immagini di Peau D'Ane (Pelle d'Asino), sempre con Catherine Deneuve.
Ma c'è un altro gioiello che Demy e la Deneuve hanno girato insieme, il solo film del regista in cui la sua vena malinconica viene messa da parte per far spazio ad una gioia di vivere incredibilmente contagiosa: Les Demoiselles de Rochefort (1966). La storia di due sorelle gemelle (interpretate dalla Deneuve e da sua sorella nella vita, la deliziosa Françoise Dorleac, purtroppo morta in un incidente d'auto un anno dopo la fine delle riprese) alla ricerca dell'uomo ideale e della loro realizzazione come artiste, il tutto nella cornice di una città militare ma allegra e coloratissima, di marinai in libera uscita, con Gene Kelly e il protagonista di West Side Story che si aggirano indisturbati, ballando nelle strade. Insomma, il mondo en-chanté à la Demy, il mondo come ci piacerebbe che fosse.

Ovviamente, non si può parlare di Demy senza parlare di Varda.
Nel 1990, mentre Demy, già gravemente ammalato, si mette a scrivere le sue memorie di infanzia, la moglie decide di rendergli omaggio trasformando subito in pellicola quegli stessi ricordi. Il risultato è il commovente Jacquot de Nantes, dove alle immagini dell'infanzia di Demy si sovrappongono immagini tratte dai suoi film e primissimi piani fatti al regista stesso, malato e con uno sguardo dolcissimo, in silenzio davanti al mare. Una dichiarazione d'amore di una tenerezza sconvolgente. E sempre la Varda ha girato, nel 1993, un documentario intitolato Les Demoiselles ont eu 25 ans, nel quale ritorna a Rochefort con Catherine Denevue per le celebrazioni del venticinquesimo anniversario del film, intervistando gli abitanti che avevano preso parte alla lavorazione e andando alla ricerca di ricordi, scene, momenti divertenti, musiche e paesaggi.
Ma vorrei anche ricordare che Demy ha avuto una grandissima influenza su diverse generazioni di registi, e non solo francesi. Wong Kar-Wai ha più volte dichiarato il suo amore per lui e John Woo ha confessato di costruire le scene di sparatorie ispirandosi all'armonia delle scene di ballo dei suoi film. In Francia, ça va sans dire, ci sono registi che gli fanno dichiarazioni d'amore a ogni inquadratura. Il caso più eclatante è quello di Christophe Honoré, una specie di clone in versione moderna di Demy: nel film 17 Fois Cécile Cassard (Cassard è il cognome di un personaggio che compare sia in Lola che nei Parapluies de Cherbourg), Honoré gli rende un buffissimo omaggio, con un Romain Duris in versione osé che canta la canzone di Lola sulla riva di un fiume. E comunque, Honoré è come se rifacesse Demy ad ogni film, e ogni occasione è buona per far cantare e ballare i protagonisti dei suoi film. Piuttosto incredibile, poi, è il caso di Jeanne et le garçon formidable di Olivier Ducastel et Jacques Martineau, del 1998. Questa coppia (nel lavoro e nella vita) di registi ha creato un film anni '80 alla Demy, il cui protagonista è (niente-poco-di-meno-che) Mathieu, suo figlio. Benché il tema non sia per niente allegro: il protagonista è malato di AIDS e sta per morire, il tono è leggero e sognante, pieno di canzoni e balletti scatenati e una scena di manifestazione presa pari pari da Une chambre en Ville, altro film di Demy.

Mi dispiace, come temevo, questo post è lunghissimo, e spero non me ne vogliate. Ma ditemi voi: come si fa ad essere brevi, quando si sta parlando dell'uomo che si ama?







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