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mercoledì 19 febbraio 2014

Derek, The Last of England

Non vorrei rischiare di diventare il blog di cinema che scrive più sui morti che sui vivi, ma ci sono anniversari che per Zazie non possono (e non devono!) passare inosservati.
Venti anni fa, il 19 Febbraio 1994, moriva di AIDS uno dei miei artisti preferiti di sempre, il regista inglese Derek Jarman.
Nato nel 1942, Jarman inizia giovanissimo a girare filmini in Super 8 (abitudine che in effetti non abbandonerà mai) e, dopo essere stato scenografo su I Diavoli di Ken Russell, passa alla regia nel 1976 con il film Sebastiane, sul martirio di San Sebastiano, un film dichiaratamente omosessuale e girato in latino (!). Non so quale delle due cose, all’epoca, abbia stupito di più. A seguire, Jarman gira due film leggermente iconoclastici: Jubilee e The Tempest, libero adattamento del lavoro di Shakespeare, da molti considerato il primo film punk inglese. Ma il suo capolavoro esce nel 1986: Caravaggio, un film visionario, visivamente sontuoso, ricco di idee geniali (poi la Coppola mette le scarpe da ginnastica nel film su Marie Antoinette, ma è Jarman il primo a far vedere in primo piano una macchina da scrivere nello studio di un pittore del 1500), e che segna la sua prima collaborazione con quella che diventerà la sua musa ispiratrice di sempre, Tilda Swinton

Frustrato dai tempi lunghi delle produzioni dell’epoca, incazzato a morte con la Tatcher, e stanco della classica narrativa cinematografica, Jarman si rimette a lavorare ai suoi Super 8, creando dei piccoli film del tutto inclassificabili ma che cercano di risvegliare la coscienza della gente su temi che gli stanno a cuore, come in The Last of England, in cui Jarman denuncia la grettezza e la distruzione portata dalla gente al potere (Maggie, we love you!).
Jarman ritornerà al cinema classico (si fa per dire) con le sue due ultime produzioni: Edward II, il suo film più politico e più militante per la causa omosessuale, e Wittgenstein, sulla vita del filosofo viennese Ludwig Wittgenstein (dove, ad interpretare la madre del protagonista, chiama la mamma vera di un altro figlio famoso: Jill Balcon, la madre di Daniel Day Lewis).
Ammalato di AIDS dal 1986, Jarman ha sempre dichiarato la sua malattia, così come ha sempre dichiarato le sue tendenze sessuali, facendo campagne contro la famosa Clause 28, con la quale si vietava di parlare di omosessualità nelle scuole inglesi.
Alla fine della sua vita, Jarman si trasferisce a vivere nel Kent, in un cottage a poca distanza dalla Centrale Nucleare di Dungeness, dove creerà un giardino dall’aria post-atomica sul quale sono stati scritti numerosi libri. 
Prospect Cottage, Dungeness, Kent

Il regista si congeda dal mondo con il toccante film Blue, dove lo schermo viene invaso da un colore blu intenso mentre la voce di Jarman racconta di se stesso, della sua vita e della sua malattia. 
Appassionato di musica, Jarman ha diretto numerosi video, per gente come i Sex Pistols, Marianne Faithfull, Marc Almond, Bryan Ferry, i Pet Shop Boys e, soprattutto, The Smiths: il suo mini-film per l’album The Queen is dead, che include le tre canzoni The Queen is Dead, Panic e There is a Ligh that never goes out, è un must assoluto per qualsiasi fan della band.
Ho sempre amato Jarman per le cose che diceva e come le diceva.
Era un uomo mite ma di grandissima forza interiore, un ribelle di quelli veri, che andava contro le convenzioni, contro le regole di una società che non amava, e che lottava per tutto quello in cui credeva. Mi piaceva la follia dei suoi film, quel rimescolamento di generi, di tipi di filmati, quei dialoghi folgoranti, declamati, quel farti vedere la bruttezza del mondo per dirti che però vale la pena di salvarlo, e il nudo dei corpi per farti capire che il desiderio è bello da qualsiasi parte provenga, senza dimenticare la sua ironia, so british indeed.
Ho sempre pensato che l’idea del suo cottage sullo sfondo della centrale nucleare lo definisse perfettamente: creare la bellezza dove il mondo pensa non ci sarà mai, fregandosene dello sconcerto degli altri.

 
In questi giorni ero a Londra e mi è capitato di andare al British Film Institute.
Con mia grande gioia, ho notato che le celebrazioni per l'anniversario della sua morte erano in pieno svolgimento: retrospettiva completa, incontri sulla sua opera, riedizioni in DVD di tutti i suoi film, libri scritti da lui e su di lui. 
There is a light that never goes out.
E quella di Jarman, di sicuro, brillerà sempre.




domenica 30 dicembre 2012

Alternative Movie Posters

Quando si è appassionati di cinema, di solito si ama tutto di un film, titoli di testa e titoli di coda compresi, per non parlare del poster creato per distribuirlo.
Nei cento e passa anni della storia del cinema, ci sono stati uomini che hanno saputo elevare il poster cinematografico a vera e propria opera d'arte, primo fra tutti quel genio assoluto di Saul Bass. E' a lui che si devono il poster e i titoli di testa più meravigliosi dell'universo terracqueo, quelli di Vertigo di Alfred Hitchcock e, in tempi più recenti, quelli straordinari di The Age of Innocence di Martin Scorsese (grande fan di Saul Bass, al quale non sembrava vero di poter collaborare con lui).
Personalmente, subisco moltissimo il fascino della grafica di un film, e ho elaborato una teoria secondo la quale meno curati sono i titoli di testa di un film e meno bello è il film in questione (sarà per questo che Vertigo nell'ultimo sondaggio di Sight & Sound è stato dichiarato miglior film di tutti i tempi?). 
Un po' per questo, un po' perché ho la casa tappezzata di poster cinematografici, un giorno su Facebook la mia attenzione è stata attirata da quanto veniva postato regolarmente da un mio amico, Stefano Reves Spalluto. Oddio, ad essere sinceri, "amico" è una parola grossa. Io e Stefano siamo amici su Facebook senza mai esserci né visti né sentiti. Un grande classico dell'era moderna, secondo il quale si familiarizza con alcune persone semplicemente perché si hanno degli amici e dei gusti in comune. 
Ecco, quando sento parlare male dei social networks, io certe volte vorrei fare degli esempi come questo, perché non è vero che allontanano, nella mia esperienza quasi sempre avvicinano, e sono anche fonte di straordinarie scoperte. Insomma mi sono accorta che Stefano pubblicava sulla sua pagina dei poster di cinema alternativi notevolissimi! Al terzo consecutivo, ero completamente conquistata: i poster erano bellissimi e i film che sceglieva pure. Così gli ho scritto, chiedendogli di mandarmene un po' da vedere, perché mi sarebbe piaciuto parlarne nel blog. Stefano era assai stupito: da persona brava ed intelligente, possiede anche quella qualità sempre più rara da trovare in giro che è l'umiltà (e mi ha citato la famosa battuta di Groucho Marx secondo la quale non vorrebbe mai fare parte di un club che lo annoveri tra i suoi iscritti). Anche quando gli ho chiesto una piccola bio di presentazione, le sue parole sono state queste: Credo non esista nulla di meno interessante. Sono un contadino del sud, 28enne, da sempre sostenitore di una sana senilità, con delle basi di photoshop e tanta fiducia nel proprio senso estetico (aggiungere altro sarebbe civetteria). Sarà pure sostenitore di una sana senilità, il nostro Stefano, ma guardate che belle cose riesce a fare (alla fine, ho deciso di pubblicare tutti i lavori che mi ha mandato, talmente mi piacevano):
M - The Monster of Düsseldorf  Fritz Lang (1931)
Citizen Kane - Orson Welles (1941)
The Three Caballeros - Norman Ferguson (1944)
À bout de souffle - Jean-Luc Godard (1959)
Psycho - Alfred Hitchcock (1960)
La Notte - Michelangelo Antonioni (1961)
Jules et Jim - François Truffaut (1962)
Le Mépris - Jean-Luc Godard (1963)
Le Vacanze Intelligenti (episodio da Dove vai in vacanza?) - Alberto Sordi (1978)
 Wittgenstein - Derek Jarman (1993)
Quello che adoro nei poster di Stefano è che tutto ruota intorno ad un piccolo ma fondamentale dettaglio: dalle finte ali del piccolo Wittgenstein alla macchina che si butta nel lago di Jules et Jim, dalla planimetria della Casa Malaparte di Le Mépris alla boule de neige di Citizen Kane, la trama, lo stile, il messaggio di un film è subito intuito. I suo poster sono una piccola scossa elettrica anticipativa: ti mettono l'acquolina in bocca prima di cominciare a mangiare tutta quella roba buonissima. 
Quando Stefano è stato così gentile da chiedermi se c'era un poster di cinema alternativo che avrei voluto per il blog, non ho resistito a chiedergli di inventarsi questo:
In the Mood for Love - Wong Kar-Wai (2000) 
Non so voi, ma io trovo che la canotta di Tony Leung sia un po' il suo capolavoro. 
Bravo, Stefano!



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