giovedì 30 giugno 2016

Et la femme créa Hollywood


Have you ever heard about Lois Weber, Frances Marion or Dorothy Arzner?
I guess not. Well, me neither, and I’m a total cinema freak, so there’s something wrong.
I stumbled upon their names for the first time in my life reading an article on Télérama about a movie presented at this year Cannes Film Festival in the section Cannes Classics: Et la femme créa Hollywood by sisters Clara and Julia Kuperberg.
This documentary tells a story kept almost secret until today: between 1910 and 1925, Hollywood was run by women. There was a majority of female film-makers, producers, screen-players, editors, even directors of the studios in all those years before the arrival of Talking Movies and the Great Depression. And before Hollywood became a mere business affair. Full of material coming from unknown archives and enriched by interviews to few specialists of this field like Ally Acker and Cari Beauchamp, the documentary is the story of an indecent descent: the only role for women in Hollywood, from the ‘30s until the ‘80s, has been the one represented by actresses, film-stars, sexual objects of (male) desire.
Nothing more.  

 

We have to wait until 2008 for having a woman winning the Oscar for Best Movie (Kathryn Bigelow for The Hurt Locker) and only very recently actresses have started to complain about the pay-difference between them and their male counter-parts. It was the case for Patricia Arquette and her fabulous Oscar winning speech in 2015 and in many statements made by rising star Jennifer Lawrence, who pretends to be payed as she should, since audience go to see the movies she plays in because of her.
Patricia Arquette - Academy awards 2015

The sisters Kuperberg declared to have read the names of these pioneers while researching for other stories. Surprised by the fact they never heard about them before, they started to dig a bit, finding two books dedicated to these Hollywood women and written just in the late ‘80s. Among other stories there was the one of Mary Pickford, that everybody remembers as an actress, but in fact was also a producer and a very smart business woman, the one of Lois Weber, who directed no less than 300 movies per year, and especially the incredible one of pioneer Alice Guy, a French woman who moved to Hollywood in 1910 (after being the first female film-maker and producer in the whole world for Gaumont) and created her own studio, Solax.
Mary Pickford
Lois Weber
Alice Guy
In 25 years of activity she made or supervised hundreds of films, of all genres, launched many new directors and even tried sound techniques long before the invention of the sound system. The most outrageous thing is that for her, as well as for many other of these women, the descent has been cruel and pitiless. While they had a big freedom at the time cinema was considered just a simple entertainment, and men weren’t much interested in it (even because they were very often at war somewhere), after 1930 things drastically changed. Female film-makers were capable of making movies of all kind, touching different subjects, even political, on civil rights and many other controversial issues, but when the Great Depression broke out, audience wanted to see lighter movies, comedies, or musicals. That is the time of Hollywood industrialization: big studios are settled in and they immediately eat the small studios created by women. Syndicates show up, starting to make the law, and since women can’t be part of it, they are immediately marginalized.
Obliged to be in shadow of men, relegated in minor roles, some of them decided to quit, some others went desperate and ended their days in poverty and solitude (it was the case of Alice guy).
Studies on early Hollywood era tend to focus only on stories starting from 1930, ignoring the tremendous amount of work made by these incredible women decades before.
Once again, this is so unfair.
I do hope that this documentary will give birth to other studies about this period and that these incredible Hollywood female figures will be acknowledged and recognized by official cinema institutions all over the world.
Once again, girlspower!
The road is still very long.


lunedì 20 giugno 2016

I pericoli del cinematografo

Non è un mistero per nessuno: vivo sognando di stare in un mondo vintage in cui le ragazze portano i guanti, gli uomini usano le bretelle e tutti hanno in casa un mobile bar per preparsi un Old Fashioned comme il faut!
Detto questo, so benissimo che alcune cose degli anni ’50-’60 mi avrebbero totalmente rivoltato.
E questo succede quando penso, in particolare, alla condizione della donna in quegli anni (Mad Men, su questo, ci ha detto tutta la verità e con una crudeltà tale da non lasciare spazio alla speranza).
La scorsa settimana i miei genitori, in visita qualche giorno qui a Parigi, mi hanno portato la fotocopia di un libro, una pubblicazione che la chiesa cattolica dava negli anni ’40 a tutte le coppie che si sposavano, contenente alcune essenziali istruzioni per avere un comportamento morale ineccepibile.
Ce n’era per tutti i gusti e per tutte le situazioni, ma quello che ha ovviamente attirato la mia attenzione, è stato il capitoletto sui DIVERTIMENTI e, in particolare, sul CINEMATOGRAFO:
Io che passo la vita al cinema, è sicuro, me la sarei vista parecchio brutta, all’epoca.
Intanto, la cosa che mi piace di più al mondo era considerata la sorgente di ogni male morale e fisico.
E’ vero che la cellulite di sicuro non migliorerà passando il tempo a stare seduta dentro ad un cinema, ma che ci posso fare se al solo pensiero di entrare in una palestra e di dovermi vestire sportiva (pronunciato alla Capannelle) io mi sento male?
E pure quando dicono: che sollievo si trova dopo il lavoro diurno a chiudersi in un’ambiente senz’aria in mezzo a centinaia di persone più o meno pulite? Eh, in effetti, mica hanno tutti i torti. Però, anche in questo caso, che ci posso fare se quell’ambiente chiuso è il posto che mi piace più di tutti?
Ma una cosa va detta, a onor del vero: purtroppo, in questi tristi tempi moderni in cui viviamo, di vicini malintenzionati non se ne trovano più. Davvero non c’è più religione. Mai nessuno che approfitti dell’oscurità per invitare ad un atto libero!
E’ una vergogna, sinceramente. Dove sono andati a finire i vicini ineducati di una volta?


Certo, l’idea di accontentarsi delle sugose e morali produzioni offerte dagli oratori, non è esattamente my cup of tea
Insomma, ho idea che alla fine meglio qualche guanto e bretella di meno ma la possibilità di fare quello che voglio nella vita: passare tutte le sere al cinema, stare al chiuso in mezzo a degli sconosciuti puzzolenti e vedere produzioni immorali come se non ci fosse un domani. 
Per altro, a casa, non ho nemmeno una copia del Santo Vangelo e dei Promessi Sposi, come tanto si raccomandano all’inizio della pagina. 
Però ho un mobiletto bar stile Mad Men in vimini degli anni '60 che è uno schianto.
Dite che andrà bene uguale? 

giovedì 9 giugno 2016

Bella e Perduta

Se leggete più o meno regolarmente questo blog, ormai lo sapete. 
Che a Zazie piacciono tanti tipi diversi di film, ma ci sono quelli che le piacciono di più. 
E di solito sono quelli strani, quelli che se dai un’occhiata alla trama la maggior parte delle persone alzerebbe gli occhi al cielo con un sospiro, quelli che non sono classificabili, che non li puoi spiegare talmente non rientrano in nessuna categoria, quelli insomma che ti fanno capire che il cinema è una forma d’arte.
Vera. Viva. Prorompente.
E più invecchio, più mi piacciono (non è un caso che lo Zazie d’Or l’anno scorso sia andato al film meno classificabile degli ultimi anni, Le Mille e una Notte di Miguel Gomes).
La settimana scorsa qui a Parigi è uscito un piccolo (ma grande) film italiano che aspettavo di vedere da tanto tempo, sia perché sono una fan del regista (a cui ho dedicato diversi post in passato), sia perché tutti gli amici italiani, dove il film è uscito lo scorso Novembre, me ne avevano parlato affascinati.
Si tratta di Bella e Perduta di Pietro Marcello.

Sarchiapone e Pulcinella
L'inizio è folgorante: la soggettiva di un animale che sbuffa tra le pareti bianche di un macello e subito dopo un'immagine onirica dai colori intensi, come fosse un quadro. Un gruppo di Pulcinella, esseri in grado di fare da tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti, attendono (chi giocando a carte, chi dormicchiando) l'assegnazione di una missione. Ad uno di loro verrà dato il compito di portare in salvo Sarchiapone, un piccolo bufalo molto speciale. Intanto perché parla (ha la bella voce di Elio Germano) e poi perché è scampato alla morte (i bufali maschi non fanno latte, non servono a niente e vengono spesso buttati nei fossi) grazie all'aiuto di Tommaso, un contadino la cui missione nella vita è quella di pulire e accudire la Reggia di Carditello, un piccolo gioiello distrutto negli anni dall'incuria dello Stato e dai saccheggi della Camorra (è proprio la reggia la bella e perduta del titolo).

Questo film doveva raccontare tutta un'altra storia, per la verità, doveva essere una sorta di viaggio attraverso l'Italia, ma si è totalmente trasformato in corso d'opera, perché spesso nei film succede come nella vita: un imprevisto diventa il destino. Uno scarto della realtà diventa la realtà non immaginata. Avendo sentito parlare di questo Tommaso, il regista voleva incontrarlo in una delle tappe del viaggio, ma l'incontro prende un'importanza non prevista. Tommaso è un personaggio da film come ce ne sono pochi: ossessionato dal compito che si è autoimposto, il suo volto e i suoi gesti raccontano una storia affascinante ed unica. Quando all'improvviso, nella notte di Natale del 2013, Tommaso muore di infarto (ma le circostanze della sua scomparsa restano "misteriose"), il film rimane senza protagonista. Che fare? E' a quel punto che arriva Sarchiapone, il piccolo bufalo salvato da Tommaso, come se solo una figura innocente ed indifesa fosse in grado di portare avanti la sua storia.  
Tommaso Cestrone, "L'Angelo di Carditello"
Indefinibile miscuglio di documentario e fiction, Bella e Perduta nasconde tra le sue pieghe un grado di poesia assurdamente alto, per i tempi che viviamo. E' un film piuttosto cupo che nasconde al suo interno un nocciolo duro di insensata speranza. E racconta un'Italia così marginale e così poco esportabile da risultare alla fine schiettamente universale. 
Sorta di dagherrotipo animato, una forma rétro incarnata in uno spirito moderno, questo film parla di temi antichissimi (il rapporto uomo/natura, la forza del singolo, la possibile vita spirituale degli animali) inseriti in un contesto super attuale (il massacro della Terra dei Fuochi, il menefreghismo dello Stato, la rapacità impietosa della Camorra).
Nel nostro paese, nonostante critiche eccelse, il film è stato vittima di una distribuzione miope e ignorante, e tolto dalle sale nel giro di pochissimo tempo.
Qui in Francia (dove il film di Pietro è uscito la scorsa settimana con più copie che in Italia, tanto per dire), io spero che avrà più successo. L'amore dei francesi per il precedente film, La Bocca del Lupo, e gli elogi unanimi della stampa (Libération gli ha dedicato due pagine intere) dovrebbero fare la differenza.
Les retrouvailles: Zazie e Pietro Marcello - Paris, 2 Giugno 2016
Di passaggio a Parigi per la presentazione del film, Pietro ha trovato il tempo di bere un bicchiere con Zazie (grazie!). E' sempre una cosa bellissima parlare di cinema con i tuoi registi preferiti, che ve lo dico a fare? Ad esempio puoi scoprire che quelle stupende scene in soggettiva sono state girate mettendo una manovella alla macchina da presa (ah, la meraviglia!).
Quella sera, avendo scoperto per caso che altri amici comuni stavano per andare a vedere il film all'MK2 Beaubourg, abbiamo deciso di raggiungerli.
"Che dici, stiamo i primi cinque minuti per controllare il suono?" - ha chiesto Pietro.
Immagino che sia da cose così che capisci che l'amore per il cinema è una faccenda seria.

Persino i gestori della sala lo guardavano con aria stranita ma raggiante quando, uscendo, lui ha detto: "Grazie, il suono è perfetto!"
E il film pure.
Cosa aspettate ad andarlo a vedere, cari lettori?
 

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