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martedì 17 luglio 2012

Sous le soleil (exactement)

Lo so, amici italiani, voi state morendo di caldo, cuocete sotto il sole, non avete un filo di vento, invocate la pioggia e il calo delle temperature. Ma noi, qui, da metà Francia in su e nel resto del Nord Europa, da MESI non sappiamo che cosa sia, il sole. Non abbiamo mai tolto il piumino invernale dal letto, non abbiamo mai potuto uscire di casa senza un impermeabile, una giacca, un ombrello, e saremmo pronti a dare dei soldi pur di sentire un po’ di caldo nelle nostre ossa.
Nel disperato tentativo di trovare l’estate in questa fredda stagione parigina, a Zazie è venuto in mente di cercare conforto in una manciata di film in cui il sole regna sovrano.
Sous le soleil, exactement!

  
Sommaren med Monika 
(Ingrid Bergman, 1953

La storia d’amore tra due giovanissimi, Harry e Monika, l’estate su una selvaggia isola svedese, la sensualità ardente di Arriet Andersson: Bergman ci regala uno dei suoi capolavori più luminosi e intensi (e anche un nudo che all’epoca fece scandalo, soprattutto in America). Un film famoso per aver fatto innamorare della Andersson tutte le teste calde della Nouvelle Vague. Non a caso, nei 400 Coups di Truffaut, il giovane Doinel ruba in un cinema di Parigi l’affiche con la foto dell'attrice.
  

 
Plein Soleil
(René Clément, 1960
Se il nome Mr. Ripley vi suona familiare, sappiate che il romanzo di Patricia Highsmith, prima di essere portato sullo schermo nel 1999 da Anthony Minghella con Jude Law e Matt Damon, è stato uno straordinario film di René Clément con due attori magnifici e sensuali: Alain Delon e Maurice Ronet. Come è noto, la trama lascia molto spazio all’ombra, ma il lato oscuro è relegato all’interno degli esseri umani, mentre fuori tutto risplende sotto il sole accecante del Mediterraneo. La musica di Nino Rota e la fotografia di Henri Decae, perfette, completano il già ricco programma.



I film estivi di Eric Rohmer
Non esiste al mondo un regista più estivo del mio adorato Eric Rohmer. Moltissimi dei suoi film sono ambientati in questa stagione, al punto che c’è il vero e proprio imbarazzo della scelta, ma avendo voglia di mettersi comodi su una sdraio vista mare, ecco quali io avrei preferito per voi:


Pauline à la Plage (1983) 
La quindicenne Pauline parte con la zia Marion per una vacanza sulle coste dell’Atlantico e scopre le prime gioie e i primi dolori dell’amore. Dialoghi fiume sulla spiaggia, spontaneità assoluta, e una visione sempre lucida sulla complessità dell’essere umano e dei suoi sentimenti.

Le Rayon Vert (1986) 
Un gioiello assoluto e uno dei film preferiti di Zazie. Delphine, una giovane segretaria parigina, viene piantata in asso dall’amica con cui doveva partire a due settimane dalle vacanze. Disperata all’idea di viaggiare da sola, Delphine decide comunque di lasciare la città. Dopo vari disastrosi tentativi, arrivata a Biarritz, finalmente Delphine fa un bell’incontro e riesce addirittura a veder esaudito un suo grande desiderio: osservare il raggio verde di cui fantasticava Jules Verne in un suo libro! Rohmer, aiutato dalla protagonista Marie Rivière, autrice con lui dei dialoghi del film, crea un personaggio adorabile (anche se ad alto mantenimento psicologico!) e ci regala un racconto leggero e pieno di speranza sul tema della solitudine e del bisogno d’amore.

Conte d’été (1996)
 Alla vigilia del suo primo lavoro a Parigi, il giovane Gaspard, fresco di laurea in matematica, decide di passare le vacanze estive a Dinard, in Bretagna, a casa di una zia. Spera vagamente di poter rivedere Léna, una ragazza con la quale ha intrecciato una relazione, ma nel frattempo conosce Margot (interpretata per altro dall'attrice di Pauline à la plage), che lavora in una créperie, che a sua volta gli presenta un’amica. Gaspard, affascinato da tutte queste donne, non sa decidersi sui suoi veri sentimenti nei loro confronti. 
Rohmer at his best, oserei dire, in questa girandola di parole, canzoni, sole, mare, sorrisi, baci, sguardi, e intreccio irresistibile di vacanze, vita vera, futuro, presente, sentimento amoroso, desiderio sensuale.  
J'adore!



My Summer of Love
(Pawel Pawlikowski, 2004)
Piccolo film british molto interessante uscito qualche anno fa: nella campagna inglese (Yorkshire, per la precisione), durante un’estate torrida, Mona, una ragazza della working-class un po’ naive e facilmente impressionabile, incontra Tamsin, bella, ricca, spregiudicata e un tantinello cinica. Complice il calore, le vacanze, la libertà, le due ragazze scopriranno di essere attirate l’una all’altra più che da una semplice amicizia. Il film è molto intenso, intelligente nel mostrare i meccanismi del desiderio, delle differenze di classe, dei rapporti di forza tra le persone. Ha anche avuto il merito di far scoprire il talento di due bravissime attrici: Emily Blunt (nella parte di Tamsin), un’attrice che da allora ha fatto una carriera sfolgorante, e Natalie Press nel ruolo di Mona (l'attrice ha lavorato più volte con Andrea Arnold ed è stata protagonista del suo corto, Wasp, vincitore di un premio Oscar).



L’Estate di Giacomo
(Alessandro Comodin, 2011)
Vi parlo di questo film perché l’ho visto proprio ieri sera insieme alle mie amiche bloggers Marianna e Maëlle, seguito da un dibattito con il giovane regista Alessandro Comodin al cinema Reflets Médicis, in pieno Quartiere Latino.
Girato (su pellicola!) nel corso di un’estate in Friuli, il film mostra alcuni momenti della vita vera di Giacomo, un ragazzo sordo di 19 anni. A metà tra documentario e finzione, il film è un oggetto strano ma molto tenero, nel quale non si ha difficoltà “ad entrare”, nonostante non corrisponda a nessun canone del cinema attuale. La vita di Giacomo è molto semplice: va al fiume con Stefania, una sua amica (nonché sorella minore del regista), suona la batteria e canta canzoni strampalate, va a vedere i fuochi d’artificio, va ad una festa di paese, e passa del tempo con Barbara, la sua ragazza. Tutto per lui è nuovo, perché si è da poco fatto operare e quindi ci sente per la prima volta. Grazie alla simpatia innata di Giacomo e alla sua carica vitale, il film emana una luce soffusa e dolcissima, proprio come nella bellissima scena della passeggiata in bicicletta al tramonto di Giacomo e Stefania. Nella quale sembra di sentire, oltre che vedere, il profumo dell’estate calda e spensierata. Film sul passaggio dall'adolescenza all'età adulta, premiato a vari festival (tra cui quello di Locarno), L'estate di Giacomo è un esempio di quanto siano infinite le possibilità dell'espressione cinematografica. E siamo già curiosi di vedere cosa succederà al prossimo film di Comodin!
Vi sembrerà incredibile ma proprio oggi, dopo mesi di cieli grigi, su Parigi è di nuovo spuntato il sole e... fa caldo! E poi dicono che i film non cambiano la vita...

domenica 17 gennaio 2010

Momo, L'uomo che amava le donne

Rivedo ancora la scena: è l'estate del 1983, entro nella piccola sala di un cinema d'essai di Milano, e mi rendo conto che delle solite 15 file di sedie, ne restano soltanto due. Quelle in fondo. Appoggiata al muro, una motocicletta. La sala sta per chiudere per le vacanze, e si vede. Il film che sto per guardare è Pauline à la plage di Rohmer.
E' triste, penso, essere l'unica di tutta la città che abbia voglia di vedere questo film, ma allo stesso tempo questa esclusività non mi dispiace. L'idea di avere un uomo come Rohmer tutto per me... un sogno!

Che speravo non finisse mai.

Eric Rohmer, vero nome Jean-Marie Maurice Schérer, nato a Nancy nel 1920, è stato un insegnante di filosofia e uno scrittore prima di perdere completamente la testa per il cinema. Negli anni '50 si ritrova a Parigi a gestire la programmazione di un piccolo cinema del Quartiere Latino. E tutti i pomeriggi vede arrivare le stesse quattro facce: Truffaut, Godard, Chabrol e Rivette. Rohmer, che è il più anziano di tutti, prova tenerezza per questi quattro ragazzetti che si consumano la vista di fronte allo schermo, dal mattino alla sera. Fino a quando André Bazin, noto critico cinematografico, non li raccoglie tutti dalla strada (e dalle sale buie) e li obbliga a mettersi a scrivere di cinema, fondando la rivista Les Cahiers du Cinéma. E il resto è storia.
E' in quegli anni che Rohmer si sceglie il suo nome d'arte: Eric (in onore di Eric Von Stroheim) e Rohmer, come omaggio ad uno scrittore da lui amato. Gli amici però lo chiamano tutti Momo. Considerato dagli altri il più "coltivato" del gruppo, Rohmer è l'anima teorica della Nouvelle Vague. Quando, nel 1959, tutti i critici dei Cahiers passano all'azione e si mettono a fare film, lui gira il suo primo lungometraggio, Le Signe du Lion.
La sua fortuna come regista, tuttavia, inizierà qualche anno più tardi, soprattutto grazie alla creazione della sua casa di produzione cinematografica (Les Films du Losange, fondata con l'amico-regista Barbet Schroder), che fino alla fine gli darà quella libertà assoluta di cui aveva bisogno per esprimersi.
In quasi 50 anni di carriera, Rohmer ha diretto circa 25 film, dallo stile originale ed inimitabile, gioielli atemporali, pieni di vita e di parole, di riflessioni sulla giovinezza, sulla moralità, sull'amore, sul caso.
Che fosse giovane "dentro" lo ha veramente dimostrato in ogni modo, al punto che pochi anni fa, ultra ottantenne, è stato uno dei primi registi a girare un film completamente in digitale.
Rohmer è stato anche uno dei primi a utilizzare una certa "serialità" nella sua opera, dando vita a cicli di film ispirati a diversi temi: i Sei Racconti Morali, le Commedie e i Proverbi, I Racconti delle Quattro Stagioni.

Ho visto spesso la gente storcere il naso, quando dicevo che adoravo Rohmer.
La frase che mi sono sentita ripetere più spesso, è stata: Non succede mai niente nei suoi film, si vede solo gente che parla. Io era proprio questo, che adoravo, questi dialoghi meravigliosi in cui si discuteva di Pascal con la stessa leggerezza che altri registi avrebbero dedicato ad un pettegolezzo.
Rohmer era ironico, curioso, sottile, intelligente, ed estremamente sensuale. Questo è un aspetto che non sempre è stato colto, ma alcuni dei suoi film sono di una sensualità sconvolgente.
Penso al suo capolavoro assoluto, Ma Nuit Chez Maud (vi prego, vi scongiuro, uscite per il mondo e compratevi il DVD), ma anche al meraviglioso L'Amour, l'Après-midi, e soprattutto a La Marquise Von O. (considerato da alcuni il film più erotico della storia del cinema). Ispirato ad una novella di Heinrich Von Kleist, girato in tedesco antico e filmato da un mago della fotografia come Nestor Almendros, il film narra la storia della Marchesa Von O. che, vedova, si ritrova all'improvviso incinta senza essere andata a letto con nessuno. Non aspettatevi di trovare né scene di baci, né tanto meno scene di sesso, ma se volete capire cos'è l'erotismo al cinema, allora guardatevi questo film, non rimarrete delusi.

Ma quello che io trovo di gran lunga più importante, nell'opera di Rohmer, è il suo amore incondizionato per le donne. E' lui, a mio avviso, molto più di Truffaut, l'uomo che amava veramente le donne.
Le donne di Rohmer sono protagoniste assolute, e sono estremamente vere: complicate, irritanti, agitate, curiose, innamorate, misteriose, vive. Sono loro a far girare il mondo (pensate soltanto alla protagonista di Le Rayon Vert, e capirete di cosa sto parlando).
Gli uomini invece, nei suoi film, sono sempre troppo indecisi e troppo paurosi per essere capaci davvero di godersi la vita.
Come nella bellissima scena di Ma Nuit Chez Maud in cui Jean-Louis Trintignant non riesce a decidersi a fare l'amore con Françoise Fabian e quando lei se ne va dal letto irritata e lui cerca di fermarla, lei lo guarda con disprezzo e gli urla, prima di sbattergli la porta in faccia:
J'aime bien les gens qui savent ce qu'ils veulent! (Mi piacciono le persone che sanno quello che vogliono!).

Ah, Monsieur Rohmer, vous nous manquerez beaucoup...
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