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giovedì 6 febbraio 2014

The Doubt

François Truffaut
In these last days, I have been thinking a lot about a question that Truffaut loved to ask: 
“What’s more important for you: cinema or life?”
A real dilemma, as far as I’m concerned.
The only thing I know is that - very, very often - cinema looks much better than life.
For sure, that’s what I thought last Sunday when, in the space of few hours, I read first about the letter that Woody Allen’s adopted daughter, Dylan Farrow, wrote to the NYT blog of Nicholas Kristof and then about Philip Seymour Hoffman's death (due to a heroin overdose) in his Manhattan apartment. 

Philip Seymour Hoffman
Shit! That’s what I thought. 
How is it possible that one of my favourite film-makers, the man who wrote and directed perfect gems like The Purple Rose of Cairo and Hanna and her sisters could be accused of being a child abuser?
How is it possible that one of my favourite actors, the amazing, breath-taking, incredible Philip Seymour Hoffman could have died so young and in such awful way?
I am afraid neither of my questions is easily (or maybe even possibly) answered.
Why? Because life is complicated, and because every human being is a mystery and a world of his/her own which will remain unpredictable and unknown until the end.
If last Sunday was a movie, though, I swear I would have opted for the Happy Ending.
So that there were no child molested, no film-maker being accused of molesting his daughter, no magnificent actor to be found dead. 

There are days when the desire of disappearing behind a silver screen is really, really strong, days when the dark side of existence makes you feel so vulnerable that you just want to run away. And the answer to that famous question seems pretty obvious.
By the way, today is François Truffaut's birthday, and every time I see that picture of him among all those movies, mon coeur fait boum!
He didn't have any doubt in answering that question. Lucky him.
Zazie         
ps Of all the movies made by Philip Seymour Hoffman, I decided to show you the one where, strangely enough, he doesn’t even appear: the Australian animated film Mary and Max (2009) by Adam Elliot, where Toni Collette gives her voice to Mary, an eight year old girl living in the suburbs of Melbourne, and Seymour Hoffman gives his voice to Max, a forty-four year old obese man with Asperger's Syndrome living in New York. The story of an incredible friendship. And the undisputed evidence that, even without his body on screen, Hoffman was able to create unforgettable characters. 
That's what great actors do.
I'm gonna miss you, pal!

mercoledì 5 gennaio 2011

My name, is Michael Caine

E insomma ecco che per puro caso vengo a scoprire che Sir Michael Caine terrà una Master Class al Forum des Images.
Il Forum des Images è un posto davvero bello, peccato solo che si trovi all’interno delle Halles (che è forse il posto più brutto di tutta Parigi): ha diverse sale cinematografiche con un’ottima programmazione, un caffé, tantissimi eventi cinefili, e una biblioteca specializzata in cinema che si chiama François Truffaut. Insomma, ha tutto quello che serve per piacermi.
Le Master Class del Forum sono famose: invitano un regista o un attore o uno sceneggiatore, e lo fanno parlare per due ore davanti al pubblico (di solito in un Q&A con Pascal Mérigeau, critico del Nouvel Observateur). Mica male. Peccato sia praticamente IMPOSSIBILE trovare un posto, per queste lezioni. Io ci avevo già provato con James Gray, Xavier Beauvois, Barbet Schroder e per lo sceneggiatore di Dexter, ma niente da fare. Così, quando ho tentato con Michael Caine e mi hanno confermato l’acquisto del biglietto (5 Euro, per Michael questo ed altro), ero fuori di me dalla gioia!
Seduta in un buon posto in quarta fila, le luci si sono spente e voilà: sullo schermo sono apparse le immagini di alcuni dei film più importanti di una carriera cinematografica sterminata (più di 150 pellicole all’attivo). Quando le luci si sono riaccese è comparso lui: Sir Michael Caine, 77 anni, tutto di nero vestito, barba bianca e occhiali sottili sugli occhi chiari. La classe, quoi! Doverosa standing ovation del pubblico (gente di tutte le età, ma età media comunque molto giovane) e poi lunga chiacchierata con questa persona eccezionale. Io devo dire la verità: Caine lo amo molto come attore, ma come essere umano lo trovo addirittura irresistibile. Anche perché rappresenta tutto un mondo, quello dell’Inghilterra degli anni ’60-’70, con quello stile così cool: abiti tagliati in Savile Row, montatura scura dell’occhiale, sigaretta sempre all’angolo della bocca, sguardo un po’ truce e british sense of humour in dosi massicce, il tutto condito dall’accento cockney più poderoso che si sia mai sentito.
Nato nel 1933 in una famiglia della working-class londinese (e cresciuto in un quartiere al limite del malfamato), Caine non era certo destinato ad una vita di privilegi. Al suo ritorno dalla guerra di Corea, ha iniziato a sbarcare il lunario con mille lavoretti, poi la sua passione per la recitazione l’ha portato a teatro (per 9 anni) e infine è approdato un po’ per caso al cinema, senza mollarlo più. “A Londra negli anni ’60 tutti prima o poi diventavano famosi, tutti tranne me”, ha raccontato. In quel periodo divideva l'appartamento con "un certo" Terence Stamp che, diventato appunto famoso dall’oggi al domani, se lo portava sempre appresso perché Caine avesse finalmente qualcosa di decente da mangiare. La fama, alla fine, è arrivata anche per lui: il primo film importante è stato Zulu (1964), seguito a ruota da una manciata di film che hanno fatto epoca: The Ipcress File (1965), Alfie (1966), The Italian Job (1969) e Get Carter (1970). In quegli anni, persino il fatto che il protagonista maschile portasse un paio d’occhiali era stata una specie di piccola rivoluzione. Nel 1972, Caine viene chiamato a recitare in un film molto particolare, una sorta di “film da camera”, con due soli attori in scena: Sleuth. Solo che quello che recita con lui, è il più famoso attore del mondo, Sir Lawrence Olivier, del quale Caine ancora oggi parla con assoluta ammirazione: “Olivier mi ha fatto il complimento più bello che abbia mai ricevuto. Alla fine delle riprese mi ha detto: pensavo di avere un assistente, invece ho avuto un partner”. Trascinato dal successo, Caine si trasferisce a vivere a Hollywood. Nel 1985, riceve il suo primo premio Oscar grazie ad un film di Woody Allen, Hanna and her sisters (in caso di rogo, il DVD di questo film lo salvo sicuro!), il secondo lo riceve invece nel 1999, per The Cider House Rules. Caine è stato bravissimo a raccontare se stesso: ha mischiato il pubblico con il privato (racconti su John Huston che gli propone al telefono di recitare in un suo film e lui non ci crede, racconti sui modi bizzarri in cui il padre e la madre percepivano il suo successo), non ha mai perso il senso del ritmo né il sense of humour ("danno così tanti dei miei film in TV alle due di notte, che tutti pensano che io sia già morto") ed è stato sincero anche sui momenti meno belli (quando era stanco di girare, quando ha capito che a causa della sua età la condizione di film star aveva i giorni contati). Sembrava genuinamente felice di essere a Parigi e ha annunciato con orgoglio che il giorno dopo avrebbe ricevuto la Légion d’Honneur de la Republique Française. Prima di andarsene, infine, ha teneramente rivelato che venerdi sarà il suo 38° anniversario di matrimonio e ha chiesto alla moglie, Shakira, una bellissima signora indiana seduta tra il pubblico, di alzarsi in piedi perché potessimo farle gli auguri.
Caine (questa è la cosa che più mi ha colpito di lui) ha confessato di aver sempre adorato il cinema e gli attori, e che per tutta la vita gli è sembrata una cosa straordinaria, quasi da non credere, il fatto che lui facesse effettivamente parte di questo gruppo di persone. Persino quando era a Hollywood, e Shirley MacLaine gli organizzava un party di benvenuto, Caine perdeva la testa nel veder arrivare Frank Sinatra o Gloria Swanson, o nell’incontrare Fred Astaire al supermercato mentre faceva la spesa con un sacchetto di plastica in mano.
Un giorno, passeggiavo per Beverly Drive, e incrocio queste due vecchie signore, due attrici mitiche dell’epoca d’oro di Hollywood, io le guardavo ammirato, senza avere il coraggio di fermarle. Era l’anno in cui ero stato candidato all’Oscar per Educating Rita. Mi hanno avvicinato loro e con aria sorniona mi hanno detto: hey, noi abbiamo votato per lei!”.
E chi, Sir Michael, non lo farebbe?







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