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domenica 25 dicembre 2016

Noël à Vaugirard

Yesterday night I received a message from a friend which subject was: A Vintage Merry Xmas
I was obviously very curios to read it, but in fact there was nothing to read, there was just a link, and a short movie to see, the one I am posting here for you.
It was a very nice Xmas present, especially because I was completely unaware of this little film. 
A Nouvelle Vague thing I didn't know about... pretty incredible!
It is the most improbable nativity you can think of, with Serge Gainsbourg as Joseph, Chantal Goya as the Virgin Mary and a bunch of cool actors from the '60's (like Jacques Dutronc and Guy Marchand) drinking, singing and dancing in a not very religious way.
Apparently, this was shown on French TV on 23 December 1966.
This is something that cheered me up a lot.
As it was the case for almost all the '60's things, there is a freshness, a craziness, a carefreeness, a joyful sense of life that make you feel instantly better.
And who doesn't want to feel good on Xmas day?
I really adored it (thanks, Dexter!).
I think it is the best way to wish all my readers, wherever they are, a Vintage Merry Xmas!!!
Truly yours,
Zazie

Noël à Vaugirard (1966) avec Serge Gainsbourg... di rikiai

domenica 12 settembre 2010

Chabrol est mort, vive Chabrol!

Tutto è iniziato da una caduta in acqua.
Durante l'inverno del 1955, Alfred Hitchcock venne a lavorare a Joinville, allo studio Saint-Maurice, per la post-sincronizzazione di Caccia al Ladro, di cui aveva girato gli esterni sulla Costa Azzurra. Il mio amico Claude Chabrol ed io decidemmo di andare ad intervistarlo per i Cahiers du Cinéma. Avevamo preso in prestito un magnetofono per registrare questa conversazione, che volevamo lunga, precisa, fedele.
C'era poca luce nell'auditorio dove lavorava Hitchcock, mentre sullo schermo sfilava senza interruzione una breve scena del film che mostrava Cary Grant e Brigitte Auber mentre guidano un motoscafo. Nell'oscurità, Chabrol ed io ci presentiamo ad Hitchcock il quale ci chiede di andare ad aspettarlo al bar del teatro di posa, dall'altra parte del cortile. Usciamo, abbagliati dalla luce del giorno e commentando con l'entusiasmo dei veri fanatici del cinema le immagini di Hitchcock di cui abbiamo appena visto una primizia, ci dirigiamo dritto verso il bar che si trova là, a quindici metri. Senza rendercene conto scavalchiamo tutti e due con lo stesso passo il sottile bordo di una grande vasca gelata, dello stesso colore grigio del bitume del cortile. Il ghiaccio scricchiola subito e ci ritroviamo nell'acqua fino al petto, inebetiti. Domando a Chabrol: "E il magnetofono?". Alza lentamente il braccio sinistro e tira fuori dal'acqua l'apparecchio tutto gocciolante. Come in un film di Hitchcock la situazione era senza via di uscita: la lieve pendenza della vasca concava ci rendeva impossibile raggiungere il bordo senza scivolare di nuovo. Ci sarebbe stato bisogno della mano caritatevole di un passante per tirarci fuori di là. Finalmente usciamo e una costumista, che crediamo piena di compassione, ci trascina verso un camerino dove possiamo spogliarci e far asciugare i vestiti. Mentra raggiungiamo il camerino ci dice: "Ebbene, i miei poveri ragazzi, siete delle comparse del Rififi? - No signora, siamo giornalisti. - Allora, in questo caso, non posso occuparmi di voi!"
E' quindi tremando nei nostri abiti ancora inzuppati che ci presentiamo di nuovo a Hitchcock qualche minuto più tardi. Ci guardò senza fare commenti sul nostro stato e volle proporci un nuovo appuntamento per la sera stessa all'Hotel Plaza Athénée.
L'anno dopo, quando tornò a Parigi, ci individuò immediatamente in mezzo ad un gruppo di giornalisti parigini e ci disse: "Signori, penso a voi due ogni volta che vedo dei cubetti di ghiaccio che si urtano in un bicchiere di whisky!"

François Truffaut, Il Cinema secondo Hitchcock

Ho sempre adorato questa storia su Truffaut e Chabrol.
Perché mi sembra di vederli: tutti infervorati per aver visto due immagini di un nuovo film di Hitchcock, tutti presi a commentare una semplice sequenza, al punto da non accorgersi di stare finendo in una vasca d'acqua gelata. C'è tutto un mondo, in questa caduta.
Chabrol non era il mio regista preferito della Nouvelle Vague, ma ho amato moltissimo alcuni suoi film e l'ho sempre trovato di una simpatia e di una intelligenza rare (leggere una sua intervista era un piacere infinito). Mi è capitato di pensare a lui diverse volte, negli ultimi tempi. Lo avevo infatti trovato adorabile nel film di Sfar su Serge Gainsbourg: nel breve cameo del produttore a cui il musicista propone di lanciare Je t'aime moi non plus, Chabrol sfoggia tutta la sua irresistibile ironia. Poi mi era capitato di leggere in una rivista di cinema francese un dialogo tra lui e il giovane regista Americano James Gray, che è un suo fan sfegatato, e sono rimasta impressionata dall'umiltà di Chabrol e dal profondo interesse nei confronti del cinema di oggi. Un ottantenne che in realtà di anni sembrava averne 20, talmente era evidente il piacere che ancora gli dava vedere, fare e parlare di cinema.
Infine, in una lunga intervista dei Cahiers du Cinéma a Matthew Weiner, il creatore della serie Tv Mad Men, ad una domanda sugli evidenti riferimenti cinematografici della serie ai film di Douglas Sirk, lo sceneggiatore spiazza tutti rispondendo: "Ma, veramente, il film che è stato più determinante nella scrittura di Mad Men è Les Bonne Femmes di Claude Chabrol".
Che dire? Chabrol è morto, ma il tintinnìo di quel cubetto di ghiaccio, si sentirà ancora a lungo.

martedì 15 dicembre 2009

ANNA

E proprio quando pensavo di sapere tutto ma veramente tutto della Nouvelle Vague, ecco che spunta fuori un film per la TV del 1967 di cui ho sempre ignorato l'esistenza: Anna, di Pierre Koralnik.
L'ho scoperto grazie al mio settimanale preferito, Télérama, il cui acquisto ogni mercoledi mattina all'edicola di Rue Burq mi riempie di una gioia un po' sconsiderata. Sull'inserto speciale dedicato ai regali di Natale pubblicato un paio di settimane fa, ecco che trovo la recensione di un cofanetto il cui sottotitolo avrebbe potuto essere: scritto, diretto e interpretato espressamente per far felice Zazie.
Allora, andiamo con ordine: in questo cofanetto (una meraviglia che sembra un vecchio LP, con una grafica perfetta) ci potete trovare un DVD, un CD e una serie di fotografie in bianco & nero che come le vedete le volete già incorniciare e appendere in salotto.
Ovvio, vi starete chiedendo come mai c'è un CD, e la risposta è molto semplice, c'è perché questo è un film musicale alla Jacques Demy (del resto il suo capolavoro, Les Parapluies de Cherbourg, è del 1964, quindi immagino che l'influenza all'epoca fosse fortissima) ma a scriverlo, comporre la colonna sonora e avere una piccola parte in questo film è niente-poco-di-meno che il grande Serge Gainsbourg.
Gli interpreti principali, invece, sono Anna Karina (all'epoca moglie di Jean-Luc Godard e volto femminile per eccellenza della Nouvelle Vague) e Jean-Claude Brialy (che con Jean-Pierre Léaud è stato il volto maschile più rappresentativo dello stesso movimento).
Il film, che si avvale dei dialoghi di Jean-Loup Dabadie (diventato poi famoso come sceneggiatore di tanti straordinari film di Claude Sautet), racconta la storia di Serge, un pubblicitario di successo, che un giorno per caso fotografa in una stazione parigina il volto di una ragazza e se ne innamora perdutamente. Per ritrovarla, stampa delle fotografie giganti (e vai di Blow Up) che fa appendere per tutta la città, ma non si rende conto che in realtà quella ragazza lui la conosce. E' Anna, una giovane che lavora come disegnatrice nella sua stessa agenzia, una tipa dall'aria un po' buffa e sognatrice, che nasconde il volto dietro dei grandi occhiali tondi alla Corbusier (ecco perché lui non la riconosce). Gainsbourg interpreta invece l'amico dandy e très blasé di Serge, un po' voce narrante, un po' testimone lievemente cinico dell'ossessione di Brialy.
Insomma, la trama non è niente di che, ma il film è eccezionale.
Perché c'è una libertà, un accumulo di idee, un nuovo modo di rappresentare i sogni, i sentimenti, le ossessioni, le stravaganze e i desideri che ancora oggi, a distanza di 40 anni, suonano assolutamente moderni. Insomma, sono gli anni '60 in tutto il loro splendore, con un pizzico di '7o e le prime avvisaglie di psichedelia.
Visivamente questo film è un inno alla gioia di vivere: le strade di Parigi non sono mai state così meravigliose (ma perché hanno cambiato quegli autobus, qualcuno me lo spiega?), l'esplosione di pop art è contagiosa (il balletto iniziale, una specie di versione video di un quadro di Pollock, e tutta la scena surreale del finto funerale di Brialy), gli abiti sembrano usciti da una collezione di Yves Saint Laurent e Courrège, i balletti sono di un'innocenza disarmante, il cameo di Marianne Faithfull pure e Gainsbourg che fuma una gitane seduto al caffé con cappotto color cammello... eh, niente, quello è di una classe, di un'eleganza e di un carisma che si capisce perché in Francia lo venerano come Gesù.
Le sue canzoni, poi, sono dei capolavori. E non a caso alcuni pezzi (tutti cantati dagli interpreti del film) sono entrati nella storia della musica, come il famosissimo "Sous le soleil exactement".
E alla fine della visione si resta, come sempre in questi casi, con la semplice domanda: ma perché al giorno d'oggi in un posto come l'Italia è impossibile trovare in TV (oddio, pure al cinema...) questa libertà assoluta, questa voglia di rischiare, osare, sperimentare, mischiare i generi, elevare il pubblico e non farsi trascinare dal gusto corrente? Insomma di andare oltre, di essere avanti. Forse si potrebbe mandare qualche sceneggiatore italico in America, dove in questi ultimi anni con le serie TV stanno facendo quello che la Nouvelle Vague faceva con il cinema negli anni '60. Mah...
Nel frattempo, per consolarvi, vi consiglio la visione di Anna, che Télérama ha definito "il telefilm più leggendario di tutta la storia del piccolo schermo francese".
Un mythe, exactement...
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