Rivedo ancora la scena: è l'estate del 1983, entro nella piccola sala di un cinema d'essai di Milano, e mi rendo conto che delle solite 15 file di sedie, ne restano soltanto due. Quelle in fondo. Appoggiata al muro, una motocicletta. La sala sta per chiudere per le vacanze, e si vede. Il film che sto per guardare è Pauline à la plage di Rohmer.
E' triste, penso, essere l'unica di tutta la città che abbia voglia di vedere questo film, ma allo stesso tempo questa esclusività non mi dispiace. L'idea di avere un uomo come Rohmer tutto per me... un sogno!
Che speravo non finisse mai.
Eric Rohmer, vero nome Jean-Marie Maurice Schérer, nato a Nancy nel 1920, è stato un insegnante di filosofia e uno scrittore prima di perdere completamente la testa per il cinema. Negli anni '50 si ritrova a Parigi a gestire la programmazione di un piccolo cinema del Quartiere Latino. E tutti i pomeriggi vede arrivare le stesse quattro facce: Truffaut, Godard, Chabrol e Rivette. Rohmer, che è il più anziano di tutti, prova tenerezza per questi quattro ragazzetti che si consumano la vista di fronte allo schermo, dal mattino alla sera. Fino a quando André Bazin, noto critico cinematografico, non li raccoglie tutti dalla strada (e dalle sale buie) e li obbliga a mettersi a scrivere di cinema, fondando la rivista Les Cahiers du Cinéma. E il resto è storia.
E' in quegli anni che Rohmer si sceglie il suo nome d'arte: Eric (in onore di Eric Von Stroheim) e Rohmer, come omaggio ad uno scrittore da lui amato. Gli amici però lo chiamano tutti Momo. Considerato dagli altri il più "coltivato" del gruppo, Rohmer è l'anima teorica della Nouvelle Vague. Quando, nel 1959, tutti i critici dei Cahiers passano all'azione e si mettono a fare film, lui gira il suo primo lungometraggio, Le Signe du Lion.
La sua fortuna come regista, tuttavia, inizierà qualche anno più tardi, soprattutto grazie alla creazione della sua casa di produzione cinematografica (Les Films du Losange, fondata con l'amico-regista Barbet Schroder), che fino alla fine gli darà quella libertà assoluta di cui aveva bisogno per esprimersi.
In quasi 50 anni di carriera, Rohmer ha diretto circa 25 film, dallo stile originale ed inimitabile, gioielli atemporali, pieni di vita e di parole, di riflessioni sulla giovinezza, sulla moralità, sull'amore, sul caso.
Che fosse giovane "dentro" lo ha veramente dimostrato in ogni modo, al punto che pochi anni fa, ultra ottantenne, è stato uno dei primi registi a girare un film completamente in digitale.
Rohmer è stato anche uno dei primi a utilizzare una certa "serialità" nella sua opera, dando vita a cicli di film ispirati a diversi temi: i Sei Racconti Morali, le Commedie e i Proverbi, I Racconti delle Quattro Stagioni.
Ho visto spesso la gente storcere il naso, quando dicevo che adoravo Rohmer.
La frase che mi sono sentita ripetere più spesso, è stata: Non succede mai niente nei suoi film, si vede solo gente che parla. Io era proprio questo, che adoravo, questi dialoghi meravigliosi in cui si discuteva di Pascal con la stessa leggerezza che altri registi avrebbero dedicato ad un pettegolezzo.
Rohmer era ironico, curioso, sottile, intelligente, ed estremamente sensuale. Questo è un aspetto che non sempre è stato colto, ma alcuni dei suoi film sono di una sensualità sconvolgente.
Penso al suo capolavoro assoluto, Ma Nuit Chez Maud (vi prego, vi scongiuro, uscite per il mondo e compratevi il DVD), ma anche al meraviglioso L'Amour, l'Après-midi, e soprattutto a La Marquise Von O. (considerato da alcuni il film più erotico della storia del cinema). Ispirato ad una novella di Heinrich Von Kleist, girato in tedesco antico e filmato da un mago della fotografia come Nestor Almendros, il film narra la storia della Marchesa Von O. che, vedova, si ritrova all'improvviso incinta senza essere andata a letto con nessuno. Non aspettatevi di trovare né scene di baci, né tanto meno scene di sesso, ma se volete capire cos'è l'erotismo al cinema, allora guardatevi questo film, non rimarrete delusi.
Ma quello che io trovo di gran lunga più importante, nell'opera di Rohmer, è il suo amore incondizionato per le donne. E' lui, a mio avviso, molto più di Truffaut, l'uomo che amava veramente le donne.
Le donne di Rohmer sono protagoniste assolute, e sono estremamente vere: complicate, irritanti, agitate, curiose, innamorate, misteriose, vive. Sono loro a far girare il mondo (pensate soltanto alla protagonista di Le Rayon Vert, e capirete di cosa sto parlando).
Gli uomini invece, nei suoi film, sono sempre troppo indecisi e troppo paurosi per essere capaci davvero di godersi la vita.
Come nella bellissima scena di Ma Nuit Chez Maud in cui Jean-Louis Trintignant non riesce a decidersi a fare l'amore con Françoise Fabian e quando lei se ne va dal letto irritata e lui cerca di fermarla, lei lo guarda con disprezzo e gli urla, prima di sbattergli la porta in faccia:
J'aime bien les gens qui savent ce qu'ils veulent! (Mi piacciono le persone che sanno quello che vogliono!).
Ah, Monsieur Rohmer, vous nous manquerez beaucoup...
Rohmer, un altro di cui ho visto i film quando ero ancora (troppo) giovane. Forse é anche un po' per colpa sua che vedo l'amore e i rapporti tra le persone come li vedo oggi (solo che la vita vera avrebbe bisogno di uno sceneggiatore più colto e un po' pi serio, a volte).
RispondiEliminaSarà che a me piace la gente che parla.
Aurevoir, Eric.
Siamo tutte un pò più sole senza di lui. Mi ero già messa in attesa del suo prossimo film per scoprire nuove sorprese...
RispondiEliminaChi l'erede del suo rigore, del suo sapere del suo filosofico canto?
A tutti gli inconsolabili i suoi bellissimi film da vedere e rivedere.
E si, ragazze, siamo più sole ma ci restano i suoi film, come dice giustamente Francesca. Consoliamoci con il cinema!
RispondiEliminaCara Fra, mia mamma mi ha parlato di Rohmer l'altro giorno. Anche a lei piace molto come racconta le persone e le loro relazioni. Semplicemente. Mi parlava di queste ragazze con l'aria sana, con questi vestitini leggeri provenzali, la borsa di paglia.
RispondiEliminaRohmer va fortissimo con le mamme dei miei lettori... Quello che dice la mamma di Pietro è tenerissimo, questa immagine di ragazze dai vestiti leggeri, con le borse di paglia. E la mamma di Manù mi ha appena scritto un cosa deliziosa, che qui riporto con grande gioia: "Rohmer vedeva delle cose che gli altri non notano affatto e ci ricamava su con delicatezza, come se fossero indispensabili".
RispondiEliminaSante parole! Secondo me, da lassù, il nostro Eric non puo' che essere felice di avere delle fans cosi...
scrivi in qualche post più tardo (vedo solo ora questo tuo omaggio a rohmer) che il cinema unisce. il che è vero, ma mai quanto il fatto di essere appassionati di rohmer. spesso lo si confonde per snobberia, ma gli amanti di rohmer sanno che non è così e che c'è un qualcosa di indescrivibile che fa sì che ci si possa parlare, anche se tra pochi. per dirne una: di che stanno parlando quelli che trovano noiosi i suoi film? ma se sono i film d'azione più appassionanti della storia del cinema! quanti altri film mi hanno fatto uscire così felice dalla sala cinematografica? sono andato a trovarlo, al cimitero di montparnasse, a maggio. non c'era ancora la lapide, ed è sepolto senza nome d'arte. ho lasciato un biglietto cinematografico come ultimo omaggio al cineasta che sento più vicino tra tutti
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