venerdì 26 maggio 2017

Cannes a Paris - Giorno 1

Da qualche anno a questa parte, in concomitanza con gli ultimi tre giorni del Festival di Cannes, sbarcano a Parigi un buon numero di film provenienti dalla Croisette, sia in competizione che presenti nelle altre sezioni.
E così, magicamente, il Gaumont Opéra di Boulevard des Capucines diventa una specie di succursale del Festival, con lunghe file di gente in attesa di poter entrare alle proiezioni.
14 film in 3 giorni. Un vero tour de force al quale i cinéphiles parigini non si fanno certo trovare impreparati (e non vi dico lo stress per trovare i biglietti. Quest'anno, complice un bug informatico, mi sono personalmente déplacée al cinema per comprarli direttamente alla cassa!).
Ammetto di non riuscire a vederli tutti, non so se esistano persone capaci di stare chiuse in un cinema dalle 11 del mattino a mezzanotte (forse sì!), ma sto cercando di avere una media di 3 al giorno, e ovviamente mi diverto moltissimo e mi pare di vivere in un mondo parallelo, dove tutto quello che si può fare tra un film e l'altro è cercare di mangiare un panino in fretta e furia (un grazie speciale al mio amico Nico che mi ha accompagnato in questa maratona).
Il primo giorno, venerdì 26 Maggio, sono riuscita a vedere tutti e tre i film proiettati.
Ecco le mie impressioni, a caldo (nel vero senso della parola, viste le temperature parigine di questi giorni...):
The Killing of a sacred deer di Yorgos Lanthimos (US)
Era il film della competizione che aspettavo più di ogni altro, avendo adorato The Lobster, la precedente opera di Lanthimos (Prix du Jury al Festival di Cannes del 2015).
Somma delusione.
Dopo un inizio piuttosto interessante: atmosfera che si fa più opprimente ad ogni scena, recitazione allucinata degli attori, figura di adolescente disturbato e super inquietante (la cosa più bella del film, questo giovane attore straordinario che si chiama Barry Keoghan), il film diventa una specie di film di Haneke venuto male (e calcolando che a me Haneke piace pochissimo, immaginatevi la contentezza). Non ho davvero capito dove Lanthimos volesse andare a parare, con la storia di questo chirurgo americano dalla famiglia perfetta che subisce la vendetta del figlio di un uomo morto nel corso di una sua operazione. 
Il mito di Ifigenia in chiave moderna? Una qualche metafora sulla società attuale? L'apoteosi del senso di colpa insito in ogni uomo? Mah, chi può dirlo? Io no di sicuro.
A parte qualche sprazzo di ironia e di genialità qua e là, un film del quale sento che la mia vita non aveva alcun bisogno. Che di Haneke ce ne basta (e pure ce ne avanza) uno solo.
Quel dommage!

Nos Années Folles di André Téchiné (France)
Ho sempre amato il cinema di André Téchiné: un regista bravo e privo di fronzoli a cui il Festival di quest'anno ha regalato una séance spéciale per presentare il suo nuovo film.
Storia piuttosto incredibile, ma vera, di Paul e Louise Grappe. Paul, disertore durante la prima guerra mondiale, si nasconde a casa della moglie Louise travestendosi da donna e facendosi passare per Suzanne, una sua amica. La trasformazione in donna apre a Paul il mondo sino ad allora sconosciuto della vita notturna al Bois de Boulogne. Quando, dopo l'amnistia, l'uomo potrebbe tranquillamente riprendere la sua vita normale, si rende conto di non voler più rinunciare a Suzanne, con conseguenze tragiche. 
Film dalla solida fattura, Nos Années Folles è una bella riflessione sulla forza dei desideri umani (anche quelli più folli, giustamente) e sull'identità reale di ciascuno di noi, sostenuto dalla bravura di due attori che per me sono tra i migliori in assoluto qui in Francia: Pierre Deladonchamps (era il ragazzo testimone dell'omicidio in L'inconnu du Lac) nel ruolo di Paul e la mitica Céline Sallette in quello di Louise.

Le redoutable di Michel Hazanavicius (France)
Non avendo molta simpatia per Jean-Luc Godard, trovavo piuttosto bizzarra (e anche piuttosto coraggiosa, essendo Godard ancora alive and kicking) l'idea di Hazanavicius di farci sopra un film. Ma avevo molto amato il libro a cui il film si ispira, Un an après di Anne Wiazemsky, ed ero quindi particolarmente incuriosita dal risultato. 
Sorpresa, sorpresa: ho trovato questo film un'assoluta delizia. 
Con uno spirito totalmente Nouvelle Vague, Hazanavicious fa un ritratto veritiero, pieno di ironia e tenerezza, di questo mostro sacro del cinema contemporaneo. Godard è mostrato nel pieno delirio della "rivoluzione maoista": il '68 parigino è alle porte, lui ha appena girato La Chinoise (la cui protagonista è proprio sua moglie, Anne Wiazemsky) e sogna di rivoluzionare totalmente il suo modo (ma anche quello degli altri) di fare cinema e di vivere.
Hazanavicious, con una leggerezza degna dei suoi migliori OSS, ci fa divertire mostrandoci Godard in tutte le sue contraddizioni: vorrebbe vivere come un operaio ma vive comodo in un bell'appartamento del 6° arrondissement, vorrebbe fare la rivoluzione per le strade ma ha scarpe troppo scomode per correre e perde e rompe continuamente i suoi occhiali, invoca la parità uomo-donna ma tratta sua moglie come il peggiore dei conservatori di cui ha tanto orrore. Rubando idee di regia allo stesso Godard, con uno stile yé-yé davvero adorabile, il regista ci regala un film sorprendente proprio perché privo di qualsiasi pretenziosità su un regista considerato inattaccabile. Louis Garrel nel ruolo di Godard fa meraviglie: e chi meglio di lui, nato e cresciuto nell'ambiente Nouvelle Vague (il suo padrino è Jean-Pierre Léaud, per dire!), poteva divertirsi a "fare" Godard? E Garrel lo fa talmente insopportabile che alla fine risulta simpatico. Peccato per l'attrice Stacy Martin (la "ninfomane" del film di Lars Von Trier), che ha il fisico giusto alla Chantal Goya ma pochissimo carisma (è lei il grande difetto del film, insieme alle scene italiane, che per i miei gusti fanno un po' troppo "macchietta"), mentre è sempre un piacere vedere sullo schermo Bérénice Bejo e Grégory Gadebois (la scena in macchina mentre ritornano dal Festival di Cannes del '68 è da morire dal ridere!).
Ho cercato di leggere il meno possibile sui film di Cannes per non lasciarmi influenzare ma mi dicono che i critici hanno massacrato Le Redoutable (a me piace tantissimo anche il titolo!). Proprio non riesco a crederci, e vi invito ad andare a verificare di persona (io che difendo un film su Godard, davvero abbiamo visto tutto a questo mondo).
Tra l'altro, il regista ci regala anche un full frontal di Garrel, fosse anche solo per questo... vi assicuro che vale la pena di darci un'occhiata!

0 commenti:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...