Me ne sono sempre tenuta lontana, istintivamente. Non ci ho mai creduto. Soprattutto in un paese come l’Italia, non mi ha mai sfiorato il pensiero che potesse davvero cambiare qualcosa. Ammiro smisuratamente quegli amici che, nonostante tutto, continuano ad impegnarsi e a lottare per le giuste cause. Non so proprio come facciano.
Io ho sempre avuto un unico tema al quale negli anni non ho mai smesso di dedicare la mia attenzione: la causa, diciamo così, “omosessuale”. Il motivo è molto semplice: mi riguarda da vicino. L’unico fratello che ho è gay. La maggior parte dei miei amici, pure.
Se devo dirla tutta, mi ha sempre fatto strano dover “lottare” per una cosa del genere.
Dal mio punta di vista, infatti, non ci sarebbe nulla per cui lottare. Insomma, non ho mai capito dove sta il problema. Perché l’orientamento sessuale di qualcuno dovrebbe suscitare scandalo, o dibattito? E infatti non dovrebbe, ma a quanto pare viviamo in un paese il cui livello di civiltà non è abbastanza elevato per capirlo. E stiamo parlando degli anni 2000. Anni in cui, tanto per dirne una, persino nelle fictions nazional-popolari un gay dolce&gabbana-look-a-like non manca mai. E già qua inizia il primo inghippo: l’omosessuale può comparire, certo, ma è solo e soltanto di un certo tipo: è sensibile, simpatico, intelligente, spesso belloccio, ed è il perfetto amico delle donne. Altrimenti, come si fa ad accettarlo?
Io ho saputo che mio fratello era gay, perché lui me ne ha parlato chiaramente, quando avevo si e no 15 anni. E non erano gli anni 2000, no, signori e signore. Erano i primi anni ’80, e di gay nella TV italiana neanche l’ombra. La società tutta, la chiesa tutta, la stampa tutta, avevano un’unica cosa da dirmi sull’argomento: tuo fratello è SBAGLIATO, tuo fratello ha qualcosa che NON VA. Ed è GRAVE.
Io mi sentivo abbandonata a me stessa, e terrorizzata. Guardavo mio fratello e mi sembrava normale. Guardavo i miei amici e mi sembravano normali. Ma a quanto pare ero l’unica a vederli così.
E’ stato il cinema, ancora una volta, a venirmi incontro e a salvarmi.
Nel 1986, il regista inglese Stephen Frears ha portato sugli schermi un film scritto da un allora giovane e sconosciuto autore anglo-pakistano di nome Hanif Kureishi, dal divertente titolo My Beautiful Laundrette (letteralmente: La mia bella lavanderia).
Io mi sono precipitata al cinema a vederlo per due motivi: la trama, che mi pareva fantascientifica date le circostanze (due ragazzi gay, uno inglese e l’altro pakistano, decidono di aprire una lavanderia a gettoni a Brixton, quartiere malfamato di Londra) e l’attore protagonista, Daniel Day Lewis. Ci tengo a precisare che, all’epoca, nessuno, e sottolineo nessuno, sapeva chi fosse Daniel Day Lewis. Io ero uscita pazza a vederlo recitare la parte dell’irresistibile snob Cecil Vyse in A room with a view (Camera con Vista) di James Ivory, e avevo deciso seduta stante che quello era il più grande attore della sua generazione (due premi oscar e 20 anni di strepitosa carriera dopo, posso dire che sono stata lungimirante?).
Eppure non avevo idea che quel film mi avrebbe cambiato la vita. Già, perché non solo in questo film mi stavano dicendo che mio fratello non aveva nessun problema, ma mi stavano addirittura facendo capire che mio fratello era super cool. E sapete cosa? Daniel Day Lewis, che nel film si chiama Johnny, non è un tipo particolarmente dolce e sensibile. No, è un ex-punk, ex-naziskin, con i capelli colorati metà scuri e metà biondi, che se ne strabatte di stare con un pakistano (e sullo schermo i due ragazzi si baciano e fanno sesso proprio come due etero qualsiasi), che spaccia droga per riuscire a trovare i primi soldi con cui aprire la lavanderia (che non a caso viene chiamata Powders, “polverine”...). Narra la leggenda che Stephen Frears non ne volesse sapere di far recitare Daniel Day Lewis. Figlio del poet laureate (quello che scrive le poesie per la Regina, tanto per intenderci) anglo-irlandese Cecil Day Lewis, nipote del produttore Sir Michael Balcon (quello degli Ealing Studios), Day Lewis trasudava troppa classe alta per Frears. Ma un bel giorno il nostro Daniel si è prentato all’audizione sfoggiando un perfetto slang dei bassifondi, e minacciando Frears che certi suoi amici non proprio raccomandabili gli avrebbero spaccato la faccia se non avesse avuto la parte. E deve averlo convinto.
My Beautiful Laundrette è il film più “vivo” che io abbia mai visto. Ho cercato a lungo un altro aggettivo, non l’ho trovato. Sprizza energia da tutti i pori della pellicola: è un film contro la Tatcher, contro il razzismo verso i pakistani (e allo stesso tempo contro alcune stupide tradizioni pakistane), contro la mentalità naziskin tipica di certa Inghilterra povera e ignorante, e contro le differenze di classe. E’ uno dei film più politically incorrect che abbia mai visto, talmente oltre da saltare a pié pari il “problema” dell’omosessualità di entrambi i protagonisti (problema? quale problema?). E’ una tale boccata d’aria, che ti si riempiono i polmoni di ossigeno in una sola immagine. E’ irriverente e spensierato. L’ultima scena, in cui Johnny e Omar si spruzzano con l’acqua di un lavandino ridendo come due bambini, con in sottofondo il glu glu glu di una lavatrice, ben rappresenta la vitalità e l’allegria con la quale si esce dalla sala dopo aver visto il film.
Leggendo questa mattina i giornali italiani e scorrendo le perle di saggezza uscite dalla bocca della Binetti e di Castelli sul tema dell’omosessualità, ho ripensato a Johnny.
L’ho rivisto che tira fuori la ingua per baciare il collo di Omar mentre dà un’occhiata complice alla macchina da presa. Ho pensato: Lascia perdere, Johnny, questi non ti capiranno mai.
E sai cosa? Non importa, vorrà dire che verremo tutti nella tua lavanderia a lavare i nostri panni sporchi. Loro, immagino, non ne avranno bisogno.
Io ho sempre avuto un unico tema al quale negli anni non ho mai smesso di dedicare la mia attenzione: la causa, diciamo così, “omosessuale”. Il motivo è molto semplice: mi riguarda da vicino. L’unico fratello che ho è gay. La maggior parte dei miei amici, pure.
Se devo dirla tutta, mi ha sempre fatto strano dover “lottare” per una cosa del genere.
Dal mio punta di vista, infatti, non ci sarebbe nulla per cui lottare. Insomma, non ho mai capito dove sta il problema. Perché l’orientamento sessuale di qualcuno dovrebbe suscitare scandalo, o dibattito? E infatti non dovrebbe, ma a quanto pare viviamo in un paese il cui livello di civiltà non è abbastanza elevato per capirlo. E stiamo parlando degli anni 2000. Anni in cui, tanto per dirne una, persino nelle fictions nazional-popolari un gay dolce&gabbana-look-a-like non manca mai. E già qua inizia il primo inghippo: l’omosessuale può comparire, certo, ma è solo e soltanto di un certo tipo: è sensibile, simpatico, intelligente, spesso belloccio, ed è il perfetto amico delle donne. Altrimenti, come si fa ad accettarlo?
Io ho saputo che mio fratello era gay, perché lui me ne ha parlato chiaramente, quando avevo si e no 15 anni. E non erano gli anni 2000, no, signori e signore. Erano i primi anni ’80, e di gay nella TV italiana neanche l’ombra. La società tutta, la chiesa tutta, la stampa tutta, avevano un’unica cosa da dirmi sull’argomento: tuo fratello è SBAGLIATO, tuo fratello ha qualcosa che NON VA. Ed è GRAVE.
Io mi sentivo abbandonata a me stessa, e terrorizzata. Guardavo mio fratello e mi sembrava normale. Guardavo i miei amici e mi sembravano normali. Ma a quanto pare ero l’unica a vederli così.
E’ stato il cinema, ancora una volta, a venirmi incontro e a salvarmi.
Nel 1986, il regista inglese Stephen Frears ha portato sugli schermi un film scritto da un allora giovane e sconosciuto autore anglo-pakistano di nome Hanif Kureishi, dal divertente titolo My Beautiful Laundrette (letteralmente: La mia bella lavanderia).
Hanif Kureishi e Stephen Frears |
Eppure non avevo idea che quel film mi avrebbe cambiato la vita. Già, perché non solo in questo film mi stavano dicendo che mio fratello non aveva nessun problema, ma mi stavano addirittura facendo capire che mio fratello era super cool. E sapete cosa? Daniel Day Lewis, che nel film si chiama Johnny, non è un tipo particolarmente dolce e sensibile. No, è un ex-punk, ex-naziskin, con i capelli colorati metà scuri e metà biondi, che se ne strabatte di stare con un pakistano (e sullo schermo i due ragazzi si baciano e fanno sesso proprio come due etero qualsiasi), che spaccia droga per riuscire a trovare i primi soldi con cui aprire la lavanderia (che non a caso viene chiamata Powders, “polverine”...). Narra la leggenda che Stephen Frears non ne volesse sapere di far recitare Daniel Day Lewis. Figlio del poet laureate (quello che scrive le poesie per la Regina, tanto per intenderci) anglo-irlandese Cecil Day Lewis, nipote del produttore Sir Michael Balcon (quello degli Ealing Studios), Day Lewis trasudava troppa classe alta per Frears. Ma un bel giorno il nostro Daniel si è prentato all’audizione sfoggiando un perfetto slang dei bassifondi, e minacciando Frears che certi suoi amici non proprio raccomandabili gli avrebbero spaccato la faccia se non avesse avuto la parte. E deve averlo convinto.
My Beautiful Laundrette è il film più “vivo” che io abbia mai visto. Ho cercato a lungo un altro aggettivo, non l’ho trovato. Sprizza energia da tutti i pori della pellicola: è un film contro la Tatcher, contro il razzismo verso i pakistani (e allo stesso tempo contro alcune stupide tradizioni pakistane), contro la mentalità naziskin tipica di certa Inghilterra povera e ignorante, e contro le differenze di classe. E’ uno dei film più politically incorrect che abbia mai visto, talmente oltre da saltare a pié pari il “problema” dell’omosessualità di entrambi i protagonisti (problema? quale problema?). E’ una tale boccata d’aria, che ti si riempiono i polmoni di ossigeno in una sola immagine. E’ irriverente e spensierato. L’ultima scena, in cui Johnny e Omar si spruzzano con l’acqua di un lavandino ridendo come due bambini, con in sottofondo il glu glu glu di una lavatrice, ben rappresenta la vitalità e l’allegria con la quale si esce dalla sala dopo aver visto il film.
Leggendo questa mattina i giornali italiani e scorrendo le perle di saggezza uscite dalla bocca della Binetti e di Castelli sul tema dell’omosessualità, ho ripensato a Johnny.
L’ho rivisto che tira fuori la ingua per baciare il collo di Omar mentre dà un’occhiata complice alla macchina da presa. Ho pensato: Lascia perdere, Johnny, questi non ti capiranno mai.
E sai cosa? Non importa, vorrà dire che verremo tutti nella tua lavanderia a lavare i nostri panni sporchi. Loro, immagino, non ne avranno bisogno.
Ce li avranno immacolati.
Francesca sei mitica, applausi da tutto lo studio e dalla famiglia.
RispondiEliminaE brava Zazie, l'hai "uscito" così e ti è venuto bene, perchè ci hai messo tutto il cuore.
RispondiEliminaE sottoscrivo tutto, anche se io non sono toccata da vicino come te, ho sempre pensato che il modo in cui un paese e una società affrontano certi temi sia segno del livello di evoluzione di quel paese e di quella società.
Io che ho sempre litigato, anche con amici carissimi, per battute inutilmente e stupidamente omofobe, che credo di aver sconvolto diversi miei amici gay non avendo alcuna reazione al momento del loro "outing", nonostante la mia antipatia per il politically correct, che mi procura l'orticaria e che, mannaggia a me (sai quanti problemi in meno? :-P) più etero di così si muore.
Grazie da parte di tutte quelle persone che, come te e come me, proprio il problema non lo vedono se non nel cervello di chi dice e pensa certe cose.
E sai che c'è?
Mo' condivido :)
Bello il pensiero che hai espresso sull'omosessualità, potresti provare ad estenderlo, a dargli un respiro più ampio, diciamo in generale accettare gli altri per quello che sono.
RispondiEliminaIl problema è che ti tocca accettare pure binetti e castelli...
Lascia perdere, fai conto che non abbia detto niente.
Non ho seguito le vicende politiche di questi ultimi giorni, a fatica ho capito cosa è successo. Ma forse la verità è che non ci ho nemmeno provato. Nulla è mai chiaro e ci vogliono settimane e discussioni per capire veramente cosa succede. Forse sbaglio a non interessarmi a ciò che mi accade intorno, forse dovrei impegnarmi di più, come fanno tanti miei amici e conoscenti che si schierano, discutono, si azzuffano, difendono questo o quel partito, questo o quel politico. La verità è che semplicemente non capisco. Non riesco a capire perchè ci sia sempre questa estrema necessità di etichettare, di chiarire, di definire tutto e tutti. Ma definire cosa poi? Per me esistono le persone. Punto. E le persone sono buone o cattive. Tutto il resto è un accessorio, una sfumatura che crea dettaglio ma non modifica la sostanza delle cose: etero, gay, cristiano, ebreo o mussulmano..ma che differenza fa? Un mussulmano che considera la donna un essere inferiore per me non è meno o più condannabile di un marito cristiano che picchia la moglie, E il fatto che uno stronzo sia etero o gay ai miei occhi resta sempre uno stronzo (e scusa il francesismo).Come te io non riesco proprio a capirlo questo problema del giudicare in base all'orientamento sessuale.
RispondiEliminaMi piace pensare di potere misurare le persone in base alla ricchezza che portano nella mia vita, non a chi si portano a letto. Ho avuto per un anno due vicine lesbiche che mi hanno esasperata, reso la vita un incubo e alla fine costretta a cambiare casa per la loro mancanza di educazione e rispetto nei confronti del vicinato: fossero state una coppia etero le avrei odiate allo stesso modo.
E grazie a Dio sono circondata da persone meravigliose con un cuore grande come il mondo che ogni giorno rendono la mia vita una sorpresa: che siano gay o etero non cambia il loro essere meravigliosi.
Io mi auguro che un giorno si possa giudicare, accogliere, amare, condannare, punire o proteggere le persone in base alle loro azioni e non in base a fede, orientamento sessuale o al nome che portano o alle ricchezze che hanno. Ma forse non ho capito nulla dalla vita.
@Marina: hai capito tutto. Welcome to my club!
RispondiEliminazazie, che bello il tuo blog! sono in ritardo sulla lettura dei post.
RispondiEliminaoggi parto per toccare con mano la nostra "sana" provincia italiana.
che bello questo post!
RispondiEliminabrava.
baci&abbracci,
f.
Ciao Zazie,complimenti per il blog e per questo post in particolare.Come ho già scritto a Matteo, va bene un genio in famiglia, ma due... !!!!
RispondiEliminaUn abbraccio
Roberto