sabato 11 ottobre 2014

3 Coeurs (e una capanna)

E va bene, ammettiamolo. 
Da quando vivo a Parigi (ormai 8 anni), ho sviluppato un sottile ma pervicace odio per un certo tipo di film. Quello, definiamolo così, "alla parigina". 
Quel genere di storie di cui potrebbe fregare qualcosa solo agli abitanti del 15° e 16° arrondissement di questa città, il cui problema più grave è quello di trovare un taxi quando piove, o che finiscano le ostriche alla Grand Epicérie del Bon Marché, dove tutti i protagonisti hanno l'aria annoiata (perché, capite bene, noi sì che saremmo per trovare il senso vero della vita, e invece ci tocca stare qua insieme a voi che avete preoccupazioni prosaiche come fare la spesa), dove le donne vestono solo Zadig & Voltaire, e dove gli uomini non devono chiedere mai (ci mancherebbe).
Ecco, non ne posso proprio più, di questi film qua. E mi chiedo come faccia 'sta gente a trovare i soldi per produrre certe cazzate intellettualoidi e prive di senso, mascherate da opere di grande spessore e grande sostanza.
Questa settimana ho fatto una cosa davvero stupida: ho recuperato un film che credevo fosse se non bello almeno interessante, e sono stata punita con la bufala dell'anno: 3 Coeurs di Benoît Jacquot.
Sylvie (Charlotte Gainsbourg) e Marc (Benoît Poelvoorde)
Marc Beaulieu è un ispettore delle tasse (e già parte male) che una sera perde l'ultimo treno per Parigi (son problemi) ed è costretto a rimanere per la notte in una città di provincia. E' qui che incontra per caso Sylvie, con cui trascorre la notte a camminare e parlare. Senza scambiarsi né nomi né numeri di telefono, i due si danno appuntamento per la settimana successiva a Parigi. Marc è però colpito da un principio di infarto, e non può raggiungere Sylvie. La donna, a quel punto, decide di accettare la proposta del compagno (con il quale le cose vanno maluccio) di andare a vivere negli Stati Uniti. 
Poco tempo dopo, Marc conosce per caso un'altra donna, Sophie, con la quale inizia una storia. Le cose si fanno serie e decidono di sposarsi, ma è a quel punto che Marc scopre che Sylvie e Sophie sono sorelle. Ahi ahi...
Sophie (Chiara Mastroianni) e Marc (Benoît Poelvoorde)
In questo film, credetemi, non c'è una singola cosa che funzioni.
Intanto, è scritto malissimo: i dialoghi sono sempre un po' al limite del ridicolo, gli avvenimenti davvero poco credibili (e non è che io voglia la verosimiglianza a tutti i costi, anzi, ma è semplicemente assurdo credere che Marc si renda conto chi è la sorella di Sophie dopo mesi che la conosce), i personaggi sono mal definiti, pochissimo simpatici, banali, spesso irritanti, e gli attori sono diretti con i piedi. Una delle ragioni per cui volevo vedere questo film, lo confesso, era la presenza dell'attore Benoît Poelvoorde, per il quale nutro una certa adorazione, e l'ho trovato pessimo. Vi assicuro, in realtà è un ottimo attore, ma non so come a qualcuno possa venire in mente di fargli fare una parte del genere: non ha la faccia per un ruolo così, e se un regista vuole tentare una cosa nuova, deve essere capace di guidarlo, non lasciarlo lì a fare la figura dell'imbecille. Charlotte Gainsbourg fa... Charlotte Gainsbourg: la donna con l'espressione perennemente corrucciata (su, dai, un sorriso, una volta nella vita), vestita - su un film che copre anni interi - sempre allo stesso modo (reggiseno nero sotto la camicia bianca, tra l'altro una delle cose meno eleganti e belle da vedere che esista al mondo). Chiara Mastroianni (un po' monocorde) e sua mamma Catherine (Deneuve), sono anche bravine ma non riescono a risollevare un film che corre inesorabile verso il baratro. 
Sì, anche noi vorremmo dare delle capocciate al muro...
Ma soprattutto mi ha irritato questo tono che il regista vuole imporre alla pellicola sin dall'inizio, questa pretesa da film d'autore (no, Benoît, ho dato un'occhiata alla tua filmografia e mi dispiace deluderti: hai fatto un paio di film decenti ma questo è tutto, gli autori veri sono altri), questa finta pretesa da film intellettuale ma anche passionale (non ho MAI visto delle scene di sesso più penose di quelle tra Marc e Sophie... meccaniche, scontate, prive della benché minima sensualità e anche prive di fantasia: ce n'erano almeno tre e tutte rigorosamente nella posizione del missionario, sia mai che a qualcuno del 16° venga l'idea che la donna può stare sopra!), di grande potenza emozionale (sì, pari ad un pomeriggio passato a farsi la pedicure), di conflitto umano e morale che voi spettatori che prendete il métro tutti i giorni manco ve lo sognate, eh?  
Le sorelle e la mamma (Catherine Deneuve)
A metà film, dal nulla, senza preavviso alcuno, parte una voce off (eh?? cosa?? come??) che poi sparisce nel giro di tre scene. Mah... Si vede che il regista ha letto da qualche parte che mettere la voce off fa molto intéllo, e quindi non voleva farsi scappare l'occasione. E vi tralascio i commenti sul finale perché non vorrei fare spoiler, ma soprattutto vorrei tenervi lontano dalle droghe (mi stava per partire un urlo tipo Tarzan con le liane nel mezzo della foresta).
Non chiedetemi come, ma ho scoperto che qualcuno ha avuto il coraggio di selezionare questo film in competizione all'ultimo Festival di Venezia.
Questo, e il fatto che Dolan abbia vinto solo il Prix du Jury al Festival di Cannes, mi sembrano le più grandi ingiustizie cinematografiche dell'anno.
Fate voi.

0 commenti:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...