martedì 23 ottobre 2012

Tutte le strade portano a Parigi

Vi sarà successo, immagino, che un bel giorno una cosa che avevate sognato tutta la vita sia diventata realtà. Ecco, a me è capitato il giorno in cui mi sono trasferita a Parigi.
Nel mio personalissimo immaginario, questa città era la mia città, perché tutte le strade, qui, portano al cinema. Al cinema che mi piace, al cinema che quando ci penso (mi basta una sola inquadratura, un solo fotogramma), il cuore invia un messaggio di benessere e felicità assoluta a tutto il resto del corpo. Da quando sto qui, non passa giorno senza che mi capiti di pensare: ma ci vivo veramente, in questa città? Intendo dire: un posto dove se mi gira prendo un metrò e in 10 minuti sono sugli Champs Elysées e posso mettermi ad urlare a squarciagola: New York Herald Tribune??!!!
Ebbene sì, è vero, è reale! 
In questi anni ho accumulato una quantità ridicola di libri sui luoghi di Parigi in cui sono stati girati dei film, e ogni tanto mi diverto a fare dei pellegrinaggi “a tema”, ma una cosa davvero carina che mi succede ultimamente, è che riconosco i posti guardando un film. E non perché li ho visti in un libro, li ho proprio visti con i miei occhi! 
Questo fine settimana, ad esempio, colta da tristezza autunnale, ho rivisto due classici del cinema francese. Molto (ma molto, eh!) diversi tra loro per temi e stile, ma entrambi super famosi e indispensabili: Belle de Jour di Luis Buñuel (1967) e Un homme et un femme di Claude Lelouch (1966).
E mentre ero lì che ammiravo i vestitini Yves Saint Laurent sfoggiati da Catherine Deneuve (a proposito: auguri alla Deneuve che proprio ieri ha compiuto 69 anni!), ecco che, quando entra nel palazzo dove va tutti i pomeriggi dalle 14 alle 17 a prostituirsi, mi sembra di cogliere nel luogo un’aria vagamente familiare. Ma certo, è la corte in cui abita il mio amico Denis nel 13° arrondissement! Capite? Ho amici che abitano dove lavorava Belle de Jour

Rivedendo il film di Lelouche, invece, mi sono resa conto che Anouk Aimée abitava a Montmartre, al 14 di Rue Lamarck, praticamente dietro casa mia. Una mia vicina, insomma. 
Ebbene sì, continua la mia grande passione per i film degli anni ’70 (vi ricordate la mia recensione dei 3 Giorni del Condor?). Ho scoperto di avere questa nostalgia mista a struggimento per un modo di essere e di vivere che oggi mi sembra completamente perduto. La tenerezza, ad esempio, di sentir dire ad Anouk Aimée il suo numero di telefono: Montmartre 15-40! O cose come i telegrammi, la posta pneumatica (una mia ossessione!), i vecchi autobus parigini con la parte posteriore tutta aperta. Per non parlare della reazione di Jean-Louis Trintignant alla lettura del telegramma di Anouk Aimée, in cui lei gli ha appena scritto: "Je vous aime". Parte immediatamente da Montecarlo e si fa 5.000 km in macchina di notte per poter essere la mattina presto in Rue Lamarck! (uomini come Jean-Louis Trintignant, se siete lì fuori da qualche parte battete un colpo! Anche due, che a furia di aspettare siamo pure diventate un po’ sorde). E quel monologo bellissimo che gli parte nella testa ad un certo punto del tragitto sul fatto che lei sia una donna notevole per aver avuto il coraggio di scrivergli quelle parole. O la mitica scena in cui al ristorante, dopo aver ordinato la cena, richiama il camiere e gli chiede: "Garçon, avete delle camere?" Non ci posso quasi credere che sono qui che mi sdilinquisco su un film di Lelouche, ma tant’è. 
Immagino che la colpa sia sempre di quel sogno iniziale, quello di vivere a Parigi. 
E del fatto che tutti i giorni, sul treno locale che dal mio paesello natìo mi portava a scuola a Pavia, mi fermavo a guardare il poster che un genio incompreso aveva piazzato nella sala d’aspetto della stazione di Villamaggiore. Un dipinto di Bernard Buffet del 1963 (a tinte piuttosto cupe ed invernali, per altro): il retro della cattedrale di Notre-Dame, la Senna, un ponte. Ma tanto bastava per lasciarsi trasportare lontano.
All’epoca, per poter credere di andare a vivere a Parigi, un giorno, bisognava avere davvero una fervida immaginazione. Ma quella, per fortuna, non mi è mai mancata.




E una piccola sorpresa finale: Deauville Sans Trintignant di Vincent Delerm
(con tanto di dialogo citato da Zazie nel post!)

9 commenti:

  1. Questo è il tipo di post per cui mi alzerei, verrei alla tua scrivania, ti prenderei in braccio e ti porterei in trionfo per tutto l'ufficio, comprese le sale riunioni.
    Anzi, forse ora lo faccio.

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  2. Hai deciso di farmi piangere di prima mattina???

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  3. Anche questa volta quello che hai scritto mi ha emozionato. Mi sono commossa con te, ho sorriso con te ....in realtà al punto "... a forza di aspettare siamo pure diventate un pò sorde" stavo proprio ridendo !!!

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  4. Grazie ragazze!!! Siete tutte troppo gentili! E mi fate pure commuovere... ça va pas, quoi!

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  5. ho appena finito di leggere, emozionarmi e ridere (allo stesso punto, Susanna!) ....e sognare...ora con una piccola certezza in più.
    Perchè ci sono luoghi che prima ancora che nella realtà esistono nel nostro cuore e sono intrisi di emozioni talmente forti da sconvolgerti la vita al punto tale che i sogni, a volte, possono davvero diventare realtà. Forse abbiamo davvero vissuto altre vite, forse è il loro ricordo che ci attira in certi luoghi.

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  6. che bello quando i sogni diventano realtà! mi sa che io i sogni li faccio a rovescio, che a parigi ci sono nata e non ci abito più, sniff.m.

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  7. Bellissimo post in questo ispirante blog che seguo pur non vedendoti mai. A proposito se vogliamo trovare un difetto alla ville lumière è che è una città che impedisce di incontrarsi: è troppo vorticosa, faticosa, piena di cose da fare. E visto che oltre ad essere diventate sorde, con l'età abbiamo pure qualche acciacco alle ossa e una certa pesantezza di posteriore, vedersi diventa un'ardua impresa.

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  8. Cara Beatrice,
    hai proprio ragione... ma il fatto che non ci si veda non significa che non ci si pensi. E comunque ho tanta voglia di vedervi, tu e la tua piccola (che ormai sarà grande). Ti dico a presto!
    Un abbraccio da Zazie

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