domenica 16 gennaio 2011

Deux de la Vague

Tanti anni fa, la vostra Zazie ha seguito un corso di storia del cinema francese al Centre Galliera di Genova.
Era un corso molto interessante, tenuto da una simpatica maestra. Arrivata alla lezione sulla Nouvelle Vague, la maestra mi ha guardato e ha detto: "
Ecco, questa la fai tu. Io non me la sento, con te in classe".
La breve premessa per farvi capire cosa possa significare, per me, andare a vedere un documentario sul rapporto di amicizia (finito male) tra
François Truffaut e Jean-Luc Godard, considerati i due esponenti di punta del movimento cinematografico che più di ogni altro ha rivoluzionato il modo di fare cinema, non solo in Francia ma nel mondo. Significa, più o meno, sentirsi a casa.
E' quello che mi è accaduto ieri all'Espace Saint Michel vedendo scorrere le immagini del documentario Deux de la Vague, di Emmanuel Laurent e Antoine De Baecque. Quest'ultimo è anche l'autore delle biografie più esaustive mai scritte su entrambi i registi (quella su Truffaut è uscita nel 1996, comunemente detta "La Bibbia" a casa mia, quella su Godard è uscita nel 2010). Insomma la vicenda è giustamente raccontata da uno che sapeva due o tre cose di loro, e si vede. Truffaut e Godard non potrebbero avere storie più diverse: il primo proviene da una famiglia povera (figlio non voluto e non amato) e interrompe gli studi giovanissimo, il secondo fa parte di un’agiata famiglia svizzera, e frequenta scuole prestigiose. Ad accomunarli, sarà la passione cinefila. Si incontrano negli anni ’40 in un cineclub fondato da Eric Rohmer nel Quartiere Latino, e trascorrono letteralmente tutte le loro giornate al cinema, o per meglio dire alla Cinémathèque gestita da Henri Langlois. Dalle sale oscure alla critica cinematografica il passo è breve: entrambi si ritrovano negli anni ’50 a far parte della redazione dei Cahiers du Cinéma, insieme al resto della banda dei “Giovani Turchi”: Chabrol, Rivette, Rohmer, Resnais ecc. Truffaut diventa famoso per i suoi attacchi virulenti contro il cinema francese dell’epoca. Si fa odiare talmente tanto che gli organizzatori del Festival di Cannes del 1958 gli impediscono l’ingresso alle proiezioni. L’anno successivo, tuttavia, Truffaut trova il modo di “vendicarsi”: al Festival di Cannes ci va, ma come regista. Les 400 Coups vince il premio per la miglior regia e il giovane Jean-Pierre Léaud, protagonista assoluto del film, viene letteralmente portato in trionfo. E’ il segnale di partenza: tutti i critici dei Cahiers si mettono dietro la macchina da presa e iniziano a sfornare i loro primi film. E’ anche la nascita ufficiale della Nouvelle Vague. Godard, che vuole passare al lungometraggio, chiede una mano a Truffaut sia per trovare una buona storia che per trovare un produttore. Truffaut gli passa un soggetto scritto poco tempo prima su un fatto di cronaca che lo aveva affascinato e poi, insieme a Chabrol, si fa garante per l’amico nei confronti del produttore De Beauregard. E’ così che vede la luce quel capolavoro intramontabile di A bout de Souffle. Da quel momento in poi, i due amici seguiranno con affetto le loro rispettive carriere, aiutandosi a vicenda nei momenti del bisogno. Nel 1967, Truffaut co-produce il film di Godard Deux ou trois choses que je sais d’elle, e contemporaneamente scrive un articolo per i Cahiers du Cinéma nel quale definisce Godard “il più grande regista del mondo”, ricoprendolo di elogi. Gli amici saranno di nuovo fianco a fianco l’anno successivo, per il cosiddetto Affaire Henri Langlois. L’allora Ministro della Cultura André Malraux decide di sollevare Langlois dal suo incarico di direttore della Cinémathèque e tutti i registi della Nouvelle Vague, praticamente cresciuti in quei locali, organizzano manifestazioni di protesta (vincendo la loro battaglia, perché Langlois riavrà il suo posto). Nel maggio 1968, eccoli al Festival di Cannes, dove decideranno insieme ad altri registi di dichiarare chiusa la rassegna in segno di solidarietà nei confronti di studenti e operai che manifestano ovunque in Francia. Ma è l’inizio della fine. Godard da questo punto in poi cambierà tutto: vita, amici, e persino il tipo di cinema che fa. La politica spazza via tutto il resto. Per Truffaut, la politica è quanto di più lontano ci possa essere dal suo mondo e, di sicuro, non ha nessuna voglia di cambiare il tipo di storie che ama raccontare al cinema. La frattura si fa sempre più insanabile, ma scoppia nel momento in cui esce La Nuit Américaine di Truffaut nel 1973. Godard odia il film e scrive una lunga lettera di insulti a Truffaut, includendo nella missiva una lettera per Jean-Pierre Léaud, attore che in tutti quegli anni si è diviso tra i due registi (e che ora i registi sembrano contendersi, un po’ come farebbe una coppia che si sta separando con il proprio figlio). Truffaut gli risponde con una lettera (tanto famosa quanto meravigliosa) di 20 pagine che ben si riassume in una delle sue prime frasi: Jean-Luc, penso che sia venuto il momento di dirti, lungamente, che ti comporti come una merda. Truffaut gli restituisce anche la lettera che ha scritto a Léaud: l’ho letta e l’ho trovata disgustosa, non la consegnerò mai a Jean-Pierre. L’amicizia è finita per sempre. I due non si vedranno mai più. Neppure quando Truffaut sta morendo in ospedale di un cancro al cervello a soli 52 anni, nel 1984.
Deux de la Vague ripercorre e riassume tutto questo nella giusta maniera. Non è un documentario bouleversant, ma è un ottimo e preciso lavoro di ricostruzione. Un po’ inutili le immagini dell’attrice Isild Le Besco che vaga per Parigi, sta seduta in un cinema o sfoglia in silenzio i giornali d’epoca. Non toglie e non aggiunge nulla. Ho apprezzato invece che il film cerchi di raccontare in maniera obiettiva lo svolgimento dei fatti, senza stare dalla parte di uno o dell’altro. Certo, fornisce tutti gli elementi per formarsi un’opinione in merito ai due registi. Sul loro cinema, ciascuno potrà pensarla come vuole. Dal punto di vista umano, invece, a me pare che di dubbi non ce ne siano. Ma, lo ammetto, su questo non sono la regina dell'obiettività.
Abito di fianco al Cimitero di Montmartre.
Do you know what I mean?


2 commenti:

  1. Io una lezione sulla Nouvelle Vague non potrei tenerla. Quello che so mi viene dai film visti (alcuni troppo tempo fa) e dal mio amore per Truffaut (anche quello nato praticamente da bambina). Per me quindi molte cose erano nuove (molto del materiale di repertorio, gli spezzoni di intervista, certi episodi)ed ho apprezzato molto l'aspetto narrativo del documentario. Come dici tu sospendiamo il giudizio sul cinema dei due autori (anche se...), ma dal punto di vista umano e intellettuale lo spirito di Truffaut, la sua energia e passione e umanità emergono così evidenti da questo documentario che non c'é proprio storia. :) Anche se per me, che fuori dai suoi ruoli cinematografici lo conoscevo poco, la vera scoperta è stata Léaud (e quel pezzetto di intervista alla fine, 14enne, subito dopo aver fatto i 400 colpi, be', che dire?).

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  2. Già, cara Nandina, che dire?
    Léaud è un mondo nel mondo della Nouvelle Vague. Io ci sono affezionata come ad un fratello maggiore, e forse i film in cui l'ho amato di più (Doinel a parte) sono stati quelli in cui recita per Jean Eustache. Nella Maman et la Putaine è da urlo!
    Grazie per essere venuta con me a vedere il documentario, tra l'altro.

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