martedì 18 maggio 2010

Lola (o della felicità di andare al cinema)

Avete presente quando siete innamorati di una persona ma state con lei da un po’ di tempo e poi un giorno, mentre fate qualcosa di assolutamente banale, la guardate e pensate: oddio, quanto l’amo! Avete presente? Ecco, a me con il cinema capita continuamente.
In questo blog ho già dedicato diversi post al mio amore incondizionato per i film, ma a quanto pare le dichiarazioni non sono mai abbastanza.
Lo scorso fine settimana sono andata in un posto bellissimo di mare con alcuni amici, che in effetti non è una di quelle situazioni in cui uno normalmente pensa ad andare al cinema, poi però è capitato di dover passare alcune ore in attesa di un treno, e la tentazione è stata troppo forte.
Ero già stata un paio d’anni prima in questa città (La Rochelle), e mi ricordavo di un bellissimo cinema con un’ottima programmazione (e ne approfitto per fare tutti i miei complimenti a La Coursive, polo culturale che propone spettacoli di teatro, danza, mostre e, appunto, cinema di altissima qualità). Ci siamo passati davanti, ho fatto una corsa per vedere quello che proponeva, in pratica avrei visto due di tutto, ma in effetti un solo film coincideva con i nostri orari: Lola, di Brillante Mendoza. Non ne sapevo molto, così ho letto la trama, e lì ho capito che non potevo resistere. Avevamo tutti fame, però, e avevamo solo tre quarti d’ora prima del film (sì, avete capito bene, per un attimo avevo davvero convinto i miei amici a venire con me), quindi ci siamo seduti ad un ristorante dove non venivano mai a prendere l’ordinazione, dal quale siamo fuggiti per mangiarci in piedi una orrenda crêpe fatta dalle due tipe più lente che io abbia mai visto al lavoro. Nell’attesa, una mia amica ha detto la frase da non dire: "Bhé, in fondo anche se arriviamo un po’ in ritardo non è grave". L’ho guardata inorridita. Ovviamente non esiste proprio che io arrivi a film già iniziato, è un sacrilegio che non ho praticamente mai compiuto. Ho istintivamente pensato a quella scena della Nuit Américaine di Truffaut dove la ragazza di Alphonse (Jean-Pierre Léaud) gli propone di andare a cena e lui la guarda stranito e serissimo dichiara: "Allora, abbiamo la fortuna di stare in una città con un numero altissimo di cinema, quindi adesso decidiamo un film, passiamo davanti al cinema per controllare che l’orario sia giusto (questa è la mia frase preferita!) e poi, se c’è tempo, mangiamo un panino al volo, ecco quello che facciamo". Insomma siamo arrivati davanti al cinema in tempo per comprare i biglietti, ma a quel punto è spuntato un raggio di sole e i miei amici hanno cominciato a dubitare. "Quanto dura?" mi hanno chiesto. Sono andata a controllare: 1 ora e 50 minuti. "Lunghetto, eh?" hanno commentato. Io a quel punto ero in totale fibrillazione. "Allora? Venite o no?" Li ho lasciati che ancora confabulavano tra loro e mi sono comprata il biglietto. Poi li ho guardati dal corridoio a vetri del cinema, mi hanno fatto un segno dal quale ho dedotto che ci saremmo visti dopo il film. Li ho salutati e mi sono precipitata dentro il cinema.
Io non ve la posso spiegare questa felicità che mi prende entrando in una sala cinematografica. La sala era davvero bellissima, tra l'altro: nuova, con poltrone comodissime, e c’era anche un bel po’ di gente (francesi, vi voglio bene, sappiatelo, perché riempite le sale cinematografiche a tutte le ore!). Poi è iniziato il film, e io ho pensato che era stato meglio non aver trascinato i miei amici a vederlo. Non me l’avrebbero perdonato tanto facilmente. Lola racconta di due anziane signore di Manila che il destino fa incontrare perché il nipote di una ha ammazzato il nipote dell’altra. E’ un classico film da festival cinematografico (e infatti era in concorso a Venezia 2009): lento, con pochi dialoghi, che racconta una realtà di una tristezza e di una povertà sconfinate. Non esattamente il film per passare due ore in allegria. Eppure, io ve lo dico, mi sentivo beata. La pioggia torrenziale, la luce di una scena in cui una barca con sopra una bara scorre sul fiume in mezzo a delle case-palafitte poverissime, il sorriso disarmante di una delle vecchine. Mi faceva felice tutto.

All’uscita, quando ho ritrovato i miei amici, ho capito che eravamo tutti più contenti. Loro si erano goduti il sole e avevano mangiato ostriche, io ero stata un paio d’ore a Manila.


5 commenti:

  1. Ah la magia dei pochi secondi di buio silenzioso prima che inizi il film... Quando la sala intera (o i pochi pazzi presenti) si trova nell'attesa dello spettacolo, luce, immagini, voci immaginarie che ci trasportono in un'altro mondo...
    M

    RispondiElimina
  2. Uno dei motivi di frizione con mio padre, fin da piccola, è sempre stato che si decideva così tardi di andare al cinema che arrivavamo sempre a spettacolo iniziato. Di quanti film ho perso l'inizio? Quanti film ho visto al contrario (prima il secondo tempo e poi il primo?).
    Ora che decido io, io che sono una ritardataria cronica, che esce sempre per tutto all'ultimo momento da casa come se essere in anticipo fosse la peggior iattura del mondo, se si tratta di cinema (accidenti metropolitani permettendo) non entro mai a spettacolo iniziato. A Milano tra l'altro, non te lo lasciano nemmeno più fare...

    RispondiElimina
  3. @Maelle: Parole sante!!!
    @Nandina: Ti credo sulla parola, anche perché siamo già andate a vedere un sacco di film insieme e non siamo MAI arrivate in ritardo.
    @tutte e due: siete delle lettrici troppo carine, voi due!

    RispondiElimina
  4. zazie è un vero piacere leggerti!

    RispondiElimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...