lunedì 21 settembre 2009

Bienvenus, mes amis!

Non succederà.
Ma se qualcuno dovesse chiedermi qual è il personaggio cinematografico in cui mi sia maggiormente identificata nel corso della mia esistenza, non avrei alcuna esitazione a rispondere.
Risponderei: Cecilia di The Purple Rose of Cairo (La Rosa Purpurea del Cairo) di Woody Allen. Una donna che in piena depressione economica (siamo negli Stati Uniti negli anni ’30), con un marito disoccupato che la picchia e si fa trovare a casa con le amanti, un misero lavoro da cameriera in un piccolo ristorante dove la trattano come una serva, senza soldi e senza una vera prospettiva per il futuro, ha come unica forma di felicità quella di andare al cinema.
Cecilia la vedi seduta sulla sedia di un piccolo cinema di periferia: un attimo prima è un essere triste e spento, un attimo dopo (quello in cui inizia il film) è trasfigurata dalla luce dello schermo, dalle immagini, dalla musica. In pratica, è una donna felice. Non c’è dolore al mondo che il cheek-to-cheek di Fred Astaire e Ginger Rogers non possano alleviare.
E questo lo sa lei, e lo so anch’io.
Non che io mi senta come Cecilia, nella vita. Nonostante la crisi economica (non lontana dalla depressione degli anni ’30), continuo ad avere un fantastico lavoro con il quale posso mantenermi (a Parigi!), non ho nessun marito che mi picchi (se è per questo, non ho neppure un marito), ma quello che prova Cecilia entrando in una sala cinematografica, quello sì, ce l’abbiamo proprio in comune. So di cosa sta parlando.
Non c’è niente al mondo, per me, pari alla sensazione di entrare in una sala cinematografica ed aspettare l’inizio di un film. E nel momento in cui si fa buio in sala, appena prima che partano i titoli di testa, in quell’attimo sospeso, sublime, che precede la visione di qualsiasi film, io penso che tutto può essere, tutto può accadere. E non c’è dolore che tenga, preoccupazione che mi riempia le testa, brutto ricordo o problema contingente. Non c’è più NIENTE.
Ma solo quel film. Un nuovo film da vedere. Che potrebbe essere il più brutto o il più bello mai visto. Non si può sapere. Non importa, ma si sta lì in bilico su questo niente, dimentichi di tutto il resto. Immagino sia questa felicità ad avermi fatto venire voglia di scrivere un blog cinematografico.
Benvenuti nel mio mondo, allora. Heaven, I’m in heaven…


Je remercie l'illustrateur québecois Pascal Blanchet pour son dessin de Zazie. I love it, Pascal!

3 commenti:

  1. che l'avventura inizi!
    Da una che ogni volta che entra in una sala buia (sia un teatro, un cinema o una sala da concerti) prova quella stessa identica cosa.
    Buio in sala.
    E la vita fuori scompare.

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  2. E allora ecco, per te:


    Che altre vite piu' profonde soffochino la mia nostalgia
    e che il dono del coraggio mi sia concesso.
    Che l'amore s'ingradisca e sia fedele e duri
    e che estranei paesaggi impediscano la tristezza.
    Che l'oblio e la morte, che il tempo e il dolore
    si schierino per questa volta nella fazione dei vinti.
    Che le luci si spengano, e nella notte del cinema
    una breve menzogna ci renda piu' vivi.

    C. Marzal

    -lovelindalove-

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  3. Depuis le temps qu'on l'attendait... Oh mais il est en V.O. non sous-titrée, tu vas en frustrer plus d'un si tu ne mets pas vite en ligne une version anglaise de ton blog !
    J'adore le portrait de Zazie, qui évoque un peu Joséphine Baker... Et Fred Astaire, un rêve. Il se trouve que c'est "notre" chanson, dans la version d'Ella Fitzgerald, celle que nous avions choisi pour ouvrir le bal à notre mariage...

    Sophinette

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