Quante volte l'abbiamo vista, sullo schermo? Ore e ore di macchine che sfrecciano su strade lunghe e tutte uguali, dove sembrano accadere le cose più bizzarre: penso istintivamente a Into the Night di John Landis (1985) e al più recente Drive di Nicolas Winding Refn (2011).
La distesa immensa delle luci di LA fa talmente parte del nostro immaginario collettivo che quando un giorno (o meglio, una notte), ti capita di vederla sul serio dall'aereo, ti sembra di essere davanti allo schermo di un cinema, e che tutto quello lì sotto non sia reale ma una semplice proiezione della tua mente.
LA, nella mia esperienza, è in effetti la città più irreale in cui mettere piede. E' la città in cui, se entri all'ufficio informazioni per chiedere un'indicazione, te la daranno dando per scontato che tu sia in macchina e, quando scoprono che non è così, ti guarderanno come se fossi appena atterrata da Marte.
LA è la città in cui tutti i sogni, così come tutti gli incubi, possono diventare realtà.
Nightcrawler di Dan Gilroy è una storia che ha decisamente più a che fare con i secondi.
Louis (Jake Gyllenhaal) e Nina (René Russo) |
Nightcrawler si iscrive in una lunga tradizione di film americani sulla cattiva influenza e il cinismo dei mass media, basti pensare a due classici: Ace in the Hole di Billy Wilder (1951) e Network di Sydney Lumet (1976). La figura di Louis Bloom è assolutamente geniale: trentenne che, per sua stessa ammissione, passa la sua vita su internet, è il prodotto perfetto della società attuale. Parla come se fosse uscito da un corso di marketing per corrispondenza, è lucido ed efficace sui suoi obiettivi e da manuale nel gestire il suo più volte citato "business plan". E' anche un mostro, ma questo Bloom sembra ignorarlo. E' talmente obnubilato dal raggiungimento dei suoi obiettivi, che si è dimenticato di essere umano.
Non solo non ha mai un dubbio sui suoi atti e sulla sua vita (anche se vita è una parola grossa, nel suo caso), ma si stupisce moltissimo che gli altri non si comportino come lui. Bloom è al di là del cinismo, è semplicemente agghiacciante, è in una no man's land di cui è davvero pauroso scoprire l'esistenza.
Lucida follia: Jake Gyllenhaal nel ruolo di Louis Bloom |
Nella parte di Louis Bloom, in quella che ad istinto citerei come l'interpretazione dell'anno, c'è un attore che se continua così ne vedremo delle belle: Jake Gyllenhaal. Quasi trasfigurato: la faccia scavata, gli occhi famelici, il corpo ossuto, sembra essere abitato dalla follia del suo personaggio. E' perfetto dall'inizio alla fine, senza sbavature, senza un sospetto di gigioneggiamento. La sua è un'interpretazione scarna ed ossessiva che lascia impauriti ed ammirati.
Accanto a lui, nella parte del suo assistente (una figura davvero notevolissima), un ottimo attore inglese che di nome fa Riz Ahmed, e un'altrettanto brava (e invecchiata normalmente, ah, ma allora esiste, a Hollywood!) René Russo nel ruolo della cinica responsabile del canale Tv a cui Bloom vende i suoi pezzi.
Louis (Jake Gyllenhaal) e Rick (Riz Ahmed) |
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