giovedì 9 ottobre 2014

L'élan Dolan

Vi sono già capitati quei momenti di corto-circuito emozionale dove non si sa più da che parte voltarsi talmente si è esaltati da qualcosa ? 
A me sta succedendo ADESSO!
Nel giro di pochi giorni, ho visto il film più speciale dell’anno (Mommy), e visitato la mostra che aspettavo da tutta la vita (quella su Truffaut alla Cinémathèque, presto un post sull’evento, ça va sans dire...). Ma la cosa più buffa è che, per una volta, mi pare che il mondo intorno a me stia vivendo lo stesso delirio. Non riesco quasi a stare dietro a tutti i giornali e le riviste che hanno in copertina, a turno, Dolan e Truffaut.
Dolan in copertina dei Cahiers du Cinéma, poi, è il corto-circuito assoluto: uno dei registi che adoro in copertina della rivista sulla quale scriveva il mio regista di culto.
Roba veramente da perdere la testa:

Ma in fondo, adesso che ci penso, non è poi così strano.
Questi due hanno parecchio in comune: infanzia/adolescenza scapestrate, ossessione giovanile per il cinema, desiderio assoluto di fare film, di farli a modo loro, amore smisurato per le storie, per gli attori e pure per le donne (benché uno fosse smisuratamente etero e l'altro smisuratamente gay). 
E di sicuro a nessuno dei due, pur facendo film totalmente diversi, piaceva/piace quel cinema freddo, o peggio stitico, meschino, senza slancio, deprimente perché privo di speranza e di furore, che purtroppo imperversa sempre, e non si sa come riesce sempre ad essere prodotto.
Loro facevano/fanno film difettosi ma vivi, popolari ed intelligenti, pieni di rischi, di passione, di canzonette (Céline Dion sta a Dolan quanto Charles Trenet stava a Truffaut), di ralentis, di gente che legge le lettere piantandosi davanti allo schermo. E, soprattutto, volevano/vogliono che alla fine del film lo spettatore si senta stordito, inebriato, sconvolto, che rimanga un attimo sospeso immobile sul marciapiede, fuori dal cinema, chiedendosi: ma dove sono??!
Quindi, che le loro foto siano insieme ed ovunque nei chioschi di giornali, tutto sommato, mi sembra più che naturale.  
Settimana scorsa, all’anteprima di Mommy all’UGC Les Halles, è stato bello sentire nella sala la mia stessa impazienza, il mio stesso entusiasmo pre-visione. 
Il pubblico (i biglietti sono andati esauriti nel giro di poche ore) era composto in parte da ventenni esaltatissimi che si sono buttati sulle prime file (io pure, nonostante l’età, ho guadagnato la terza fila!), e in parte da gente più matura che però, si capiva, non vedeva l’ora di scatenarsi come i giovanissimi.
Alla fine del film, quando hanno annunciato l’arrivo di Dolan e dell’attore Antoine-Olivier Pilon (azzardo: la versione moderna di Truffaut/Léaud? mah... chissà...), tutti quanti, come una cosa sola, ancora sotto l’effetto inebriante di Mommy, ci siamo alzati per una sacrosanta standing-ovation:

Spesso si cerca di dipengere Dolan come un ragazzetto viziato e presuntuoso.
Sarà, ma sinceramente quello che si è presentato quella sera davanti a noi, era un tipo di 25 anni visibilmente commosso di vedere in piedi una sala di centinaia di persone nel cuore di Parigi, capace di godersi il calore della gente senza bisogno di nascondersi dietro una timidezza che non ha (ma da quando la timidezza è una virtù in sé?) e che si è poi prestato con grande intelligenza, gentilezza ed ironia alle domande del pubblico. 
Io ero lì che lo ascoltavo e mi beavo. 
Sarà stupido, ma mi sentivo estremamente orgogliosa. Orgogliosa di averlo seguito e apprezzato fin dal primo film, orgogliosa di avergli dato dei soldi per produrre un film, e orgogliosa del suo meritatissimo successo. Proprio come se - lo ammetto - fossi un po' la sua mommy!

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