E non una volta ogni tanto, ma tutti i giorni.
Avendone il tempo, da lunedì a domenica, dal mattino fino a sera inoltrata, un appassionato di cinema potrebbe vedere anteprime di ogni tipo, incontrare registi, attori, seguire retrospettive (di autori contemporanei o del passato), partecipare a dibattiti, insomma vivere quotidianamente di film.
Senza farsi mancare niente.
Avendo un lavoro ed una vita sociale piuttosto intensi, faccio quello che posso per riuscire ad approfittare di alcune di queste meraviglie, e di sicuro non c’è da rimanere mai delusi.
Un paio di settimane fa, ad esempio, il mitico cinema Mac Mahon (quello in cui Jean Seberg e Jean-Paul Belmondo vanno a vedere un film in À bout de souffle, per intenderci), ha dato “carta bianca” ad Antoine Sire, scrittore e uomo di comunicazione, del quale è appena stato pubblicato un super libro: Hollywood, La Cité des Femmes, Histoires des Actrices de l’age d’or de Hollywood, 1933-1955. Un tomo di oltre 1200 pagine tutto dedicato a circa 100 attrici che hanno segnato, oltre che la storia del cinema, l’immaginario collettivo di uomini e donne dagli anni ’30 e fino ai giorni nostri:
I film scelti da Sire erano tutti bellissimi, ovviamente, dei super classici dell’epoca d’oro di Hollywood:
Ma uno in particolare mi ha subito fatto venire voglia di andare al cinema: Double Indemnity (La Fiamma del Peccato) di Billy Wilder (1944). Considerato il film noir per eccellenza, osannato da tutti i critici cinematografici e adorato da moltissimi registi (primo fra tutti Martin Scorsese), che non ha ancora smesso di influenzare e ispirare a più di 70 anni di distanza:
E se state pensando che volevo andarlo a vedere perché me l’ero sempre perso, beh, ovviamente vi state sbagliando: non solo l’ho già visto diverse volte, ma ho anche il DVD, di questo film, però non l’avevo mai visto al cinema, e questa mi sembrava una mancanza a cui rimediare quanto prima! Tanto più che la “séance” che avevo scelto era alle 14 di domenica. Ora, ditemi voi se esiste al mondo qualcosa di più bello dell'andare al cinema la mattina o nel primo pomeriggio di una domenica d'autunno (sempre escludendo l'improbabile alternativa di avere Michael Fassbender che vi gira per casa, ça va sans dire...)
Ambientato a Los Angeles, Double Indemnity racconta la storia di Walter Neff, un assicuratore di provata esperienza, e del suo incontro con la bellissima e pericolosissima Phyllis Deitrichson. Sposata ad un ricco imprenditore, la donna ha intenzione di sbarazzarsi del marito ed intascare i soldi di una polizza sulla vita per stipulare la quale, ovviamente, ha bisogno dell’aiuto di Neff. L’uomo, avendo perso la testa per lei, accetta di aiutarla. Insieme organizzano nei minimi dettagli l’assassinio del marito, dopo avergli fatto firmare con un sotterfugio la famosa polizza (la Double Indemnity del titolo), facendolo passare per un incidente. Ma un collega di Neff, dal fiuto infallibile, capisce cosa c’è sotto e comincia a dare la caccia agli amanti assassini.
Ogni elemento di quest’opera sembra gridare al capolavoro: la regia è di Billy Wilder, la sceneggiatura di Wilder e Raymond Chandler (!), basata su un romanzo di James M. Cain (l’autore di Mildred Pierce e Il postino suona sempre due volte, per dire!), i costumi (i vestiti di Phyllis resusciterebbero i morti) sono di quel genio di Edith Head, e il cast è assolutamente favoloso: Barbara Stanwyck nel ruolo della femme fatale sprigiona un fascino mostruoso senza quasi battere ciglio, Fred MacMurray è impeccabile nell’incarnare questo’uomo e il suo percorso di perdizione, e Edward G. Robinson spacca nel ruolo di burbero e finto cinico dal cuore tenero.
E infine, ammettiamolo: il bianco e nero dei film degli anni ’40 e ’50 è di una bellezza così sconvolgente che persino la storia più insulsa risulterebbe una strabiliante meraviglia (in questo caso, tra l'altro, di insulso non c'è proprio niente!):
Prima della proiezione, Sire ha intrattenuto il pubblico del Mac Mahon con una appassionatissima introduzione (la cui lunghezza ha visibilmente preoccupato il gestore del cinema), nella quale ha raccontato diversi anedotti. Ad esempio il fatto che Barbara Stanwyck, una mora naturale, avesse dovuto indossare una parrucchia bionda per volere del regista o, ancora, dei sotterfugi che Wilder e Chandler avevano utilizzato per evitare di incorrere nella censura del codice Hays. In particolare, l’uso dei flashbacks aveva permesso di poter filmare delle scene vagamente sensuali o comunque allusive (lei che si aggiusta la camicetta, lui che si accende con evidente piacere una sigaretta post-coito), ma è stato soprattutto nei dialoghi che i due autori si sono scatenati, dando vita ad alcuni dei più brillanti duetti ricchi di doppi sensi della storia del cinema (rimasto storico quello del limite di velocità).
Il giorno dopo aver visto il film, ho fatto una scoperta piuttosto buffa: Antoine Sire, da piccolo, è stato un attore. Solo di un film, ma che film! A 5 anni, ha infatti interpretato il figlio di Jean-Louis Trintignant in Un Homme et une femme di Claude Lelouch. Era il 1966:
A proposito, la pellicola è appena stata restaurata in occasione del suo 50° anniversario ed ora la potete vedere, manco a dirlo... nei cinema di Parigi!
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