mercoledì 21 novembre 2012

Playtime

Pensate che il cinema sia completamente inutile nella vita di tutti i giorni?
Che non vi possa servire nelle cose pratiche? Per risolvere un problema? Far svoltare una serata? Ebbene no, cari lettori, il cinema serve sempre, anche per decidere dove andare a cena. 

Zazie, ad esempio, vive in una città con un numero così alto di ristoranti da far girare la testa. Scartando quelli troppo cari, o quelli troppo lontani da dove si abita e si lavora, ne restano talmente tanti che certe volte è persino scoraggiante doverli scegliere. Ecco che, in questi casi, il cinema viene in aiuto.
La settimana scorsa, un paio di miei amici volevano portarmi fuori a cena per dimenticare il brutto incidente che mi era capitato. Dove? Mi sono fatta guidare dall'unico criterio dal quale mi faccio guidare nella vita: ha a che fare con un film? Allora lo prendo, grazie! Da tempo volevo provare questo ristorante che porta il nome di uno dei miei film preferiti di tutti i tempi: Playtime di Jacques Tati. Detto, fatto. 

 
Playtime fa parte di una categoria di film a cui sono molto affezionata: quella degli anti-depressivi naturali. Quei film cioé che non importa quanto tu ti senta giù di morale e ti pare che la tua vita non abbia più senso, basta che li rivedi, e il mondo ti sorride di nuovo.
Tati ha iniziato a girare Playtime nel 1964, ma il film è uscito nelle sale solo nel 1967. Più che un semplice tournage, il film si è rivelato una grande, rovinosa avventura, per il regista. Dopo che si era reso conto, avendo cercato di girare per una settimana nella zona dell’aeroporto di Orly, che sarebbe stato impossibile avere il set da lui immaginato in un ambiente naturale, Tati ha fatto costruire in un’area di 15.000 m2 appena fuori Parigi, una vera e propria città (ispirata alla capitale francese così come a tutte le altre capitali moderne), dal nome sibillino Tativille. Inoltre, il regista decide di girare il film in 70 mm (unico caso nella storia del cinema francese), e questo per riuscire a rendere visivamente la grandezza degli edifici e degli spazi presenti nel film (tecnica tuttavia molto costosa). Alla sua uscita nelle sale, Playtime viene accolto malissimo. I critici, tranne alcune eccezioni, non lo capiscono, e il pubblico, che vuole vedere un film di Tati solo per ridere a crepapelle, rimane perplesso di fronte alla storia raccontata. Tutto questo, unito ai problemi di budget già nati in corso di realizzazione, farà fallire la casa di produzione del regista: Tati è costretto a vendere la propria casa (quella in cui vive, intendo), perde i diritti su tutti i suoi film e vede sfumare il sogno di conservare Tativille per le generazioni di futuri registi. Prima di morire, nel 1982, farà altri due film: Trafic e Parade, ma niente sembra poterlo consolare dal dolore per il "disastro" Playtime
Oggi, per fortuna e giustamente, questo film viene considerato un capolavoro assoluto del cinema mondiale. 
Monsieur Hulot, alter ego del regista, figura tenerissima di spilungone allampanato dall'eterno look cappello+impermeabile+ombrello, si aggira sperduto per la città. Ha un semplice appuntamento di lavoro, ma raggiungere l'ufficio dove lo aspettano sembra un'impresa più che titanica. Sul suo cammino incrocia una comitiva di turisti americani sperduta quanto lui. Quando finalmente riesce ad arrivare a casa, sembra riuscire a perdersi anche negli appartamenti tutti uguali del palazzo in cui vive. Senza parlare della cena nel ristorante super chic appena finito di sistemare e nel quale tutto sembra essere in precario equilibrio (che ovviamente Hulot contribuirà a distruggere). 
Film praticamente muto dove solo il genio infinito di Tati fa sentire la sua voce, Playtime mostra con un'eleganza e una grazia meravigliose il lato assurdo e demenziale del vivere moderno attraverso immagini, suoni, e metafore visive per i quali si resta a bocca aperta come bambini di tre anni. I luoghi asettici e tecnologici, il traffico impazzito che sembra una giostra, la vita negli appartamenti tutti uguali con le pareti a vetro, il finto glamour dei ristoranti di tendenza (la scena assolutamente mitica ed esilarante della cena), la freddezza e la bruttezza di certa architettura moderna, la mancanza di comunicazione reale tra esseri umani, i malefici della globalizzazione, insomma Tati alla fine degli anni '60 ci butta già là con assoluta nonchalance tutti i temi di discussione degli anni 2000. Riuscendo a farci ridere, ad intenerirci, e a ricordarci che basta poco (grazie al cielo!) per ritrovare la bellezza del mondo. Come in quelle brevi sequenze in cui la turista americana, alla ricerca disperata di una Parigi da cartolina, vede riflesse nelle porte a vetro le immagini dei monumenti più famosi della città.
Una pura delizia, una gioia infinita. Dio, quanto lo amo questo film.
Quello che mi è piaciuto del ristorante Playtime, è che ha veramente cercato di ricreare l'atmosfera del film: nell'arredamento, nei colori, dal menù alle stoviglie, tutto è in puro stile anni '60, con un piccolo tocco alla Monsieur Hulot. Senza contare che il cibo è eccellente:
Vabbé, insomma, lo avrete capito, il ristorante era solo una scusa per parlarvi di un film che adoro. 
Del resto, se la mia più grande passione fosse la cucina, starei scrivendo tutto un altro blog, non vi pare??!



Se volete provarlo, Playtime si trova al 5, Rue des Petits Hotels, 75010 Paris. 
Tel. 01 44 79 03 98. Attenzione! E' chiuso durante il week-end. 

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