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Julius Shulman - Case Study House 22 |
Questo week-end, un po' perché sono malaticcia e un po' perché fuori c'è una temperatura polare, lo sto trascorrendo praticamente tutto in casa.
Passare ore e ore tra le mura domestiche, mi ha fatto meditare - piuttosto banalmente - sulla loro importanza. Il posto in cui viviamo è fondamentale. Se lo amiamo, ci corrisponde, e ci fa da rifugio reale e mentale, è una grandissima fortuna. Inutile specificare che da lì al mettermi a pensare alle mie case preferite nei film, il passo è stato brevissimo. La prima che mi è venuta in mente, Montmartre oblige, è stata quella di Amélie Poulain. Che volete farci, praticamente abito dove abitava lei, sono a distanza di circa quattro passi sia dal Café des Deux Moulins che dal fruttivendolo Colignon, quindi concedetemelo. Ad ogni modo, io il suo appartamento lo trovavo adorabile anche prima di vivere qui!
Avendo scelto il poster giapponese di Amélie (non è delizioso?), ho subito pensato a tutte le case dei film giapponesi di Yasujiro Ozu. Praticamente, potrei vivere tutta la vita in una casa qualsiasi di uno qualsiasi dei suoi film.
Certo, avrei fatto carte false anche per vivere nell'appartamento di Maggie Cheung in In the Mood for Love di Wong Kar-Wai (soprattutto nel caso in cui Tony Leung occupasse quello di fianco, come nel film...)
Ma le mie case cinematografiche preferite, lo devo ammettere, sono quelle americane.
Dall'appartamento di Holly Golightly in Breakfast at Tiffany's, a quello scomodissimo ma adorabile di Barefoot in the Park, a TUTTE le case dei film di Woody Allen (menzione speciale per quella di September), a quella meravigliosa con finestra sul cortile (e che cortile!) in Rear Window di Hitchcock, fino ai sublimi appartamenti anni '50 dei film di Douglas Sirk, di quelli delle commedie con Doris Day e Rock Hudson, per approdare infine a quelli dei protagonisti di Mad Men (il mio preferito resta quello di Pete Campbell e la moglie).
Un appartamento che ho sempre trovato fantastico, soprattutto per la cucina, è quello di Ingrid Bergman in Indiscreet di Stanley Donen.
Qualche anno fa è uscito un film (a mio avviso molto sottovalutato) che era un omaggio brillante, spiritoso e di gran stile alle commedie Day/Hudson: Down with Love, di Peyton Reed, con due strepitosi Ewan McGregor e Renée Zellweger. Ecco, l'appartamento di lei era abbastanza inarrivabile. Anche quello di lui, devo dire, non era niente male!
Comunque, si sa, c'è sempre un posto che ci piace più di altri. E le ragioni valle a capire. C'è quel qualcosa in più che ci cattura, che ci prende il cuore, che ci fa sospirare, proprio come un vero innamoramento. Se oggi qualcuno mi dicesse: possiamo esaudire il tuo sogno di andare a vivere in una casa cinematografica, io non avrei un attimo di esitazione. Di tutti i film che ho visto, di tutte le case in cui virtualmente sono stata, ce n'è una per cui ho perso letteralmente la testa. Ed è la casa di Andie MacDowell in Green Card di Peter Weir (un film che, tra l'altro, adoro!). Si trova a New York, all'ultimo piano di un palazzo, e al suo interno c'è una serra. C'è questa scena in cui piove e lei prende un té seduta in cucina, ecco, io ho sempre pensato che in un posto così la felicità sarebbe assicurata!
E voi, cari lettori, in quale casa da film vorreste andare a vivere?
Vi lascio con questa piccola chicca tratta da Down with Love: la doppia versione di Fly me to the Moon cantata da Astrud Gilberto e Frank Sinatra... isn't that lovely?