Da un paio di mesi non riesco più a trovare il tempo di scrivere sul blog.
Il che non significa che non sia andata al cinema, anzi.
In effetti, per quanto mi riguarda, il 2017 rischia di essere l’anno con il maggior numero di film visti in sala: 91 fino a ieri sera, per la precisione, e il mese non è ancora finito!
Ed è proprio di questo 91° film che vi devo assolutamente parlare.
Una di quelle sorprese inaspettate (ma non più di tanto, perché avevo già letto pareri entusiasti sulla stampa inglese) di fine anno, uno di quei diamanti puri che si mettono a brillare nel buio della cinematografia natalizia, e che ti riconciliano con il mondo nello spazio di due ore.
Sto parlando di God’s Own Country (Seule la Terre è il titolo francese), opera prima (!) del regista-autore-attore Francis Lee.
Francis Lee sul set con l'attore Josh O'Connor (di spalle) |
Johnny vive in una fattoria sperduta nelle campagne dello Yorkshire, con il padre Martin, rimasto semi-paralizzato da un ictus, e la nonna (la madre li ha abbandonati molti anni prima, quando Johnny era piccolo).
Per fare alcuni lavori stagionali nei quali Johnny non potrebbe cavarsela da solo, il padre decide di mettere un annuncio per trovare un contadino esterno per una settimana. L’unico a rispondere è Gheorghe, un ragazzo rumeno.
Scorbutico, chiuso, razzista, gran bevitore e incapace di esprimere anche i più elementari dei suoi bisogni, Johnny è costretto a condividere tutto il suo tempo con un ragazzo che è il suo opposto: tranquillo, con un ottimo carattere, e dalla sensibilità evidente. Dopo un inizio piuttosto difficile, i due ragazzi si avvicinano e finiscono per avere una storia. Per Johnny, è la scoperta dell’amore vero. A contatto di Gheorghe, scopre a poco a poco che cosa significa aprirsi agli altri, esprimere la propria sessualità non brutalmente, ed avere speranza nel proprio futuro.
Johnny (Josh O'Connor) e Gheorghe (Alec Secareanu) |
God’s Own Country è uno di quei film che ti fanno capire, ancora una volta, e forse una volta per tutte, che i grandi film hanno bisogno di pochissimi elementi, di quasi niente, in effetti.
Qui ci sono, semplicemente, quattro personaggi e la campagna selvaggia dello Yorkshire.
Persino i dialoghi si contano sulle dita di una mano.
La magia sta tutta nell’assistere a questo miracolo che è la nascita di un amore, soprattutto là dove ce lo si sarebbe meno aspettato, e da parte di chi ce lo si sarebbe meno aspettato.
La trasformazione di Johnny ha qualcosa di meraviglioso: prende lui alla sprovvista, tanto quanto prende alla sprovvista lo spettatore. E’ una vera rinascita, che gli apre mondi sconosciuti e un nuovo modo di essere, un cambiamento fisico e mentale di portata straordinaria.
La mano del regista è delicatissima quanto efficace: basta un dito che si avvicina ad una mano per una carezza lievissima, quasi invisibile, per squarciare una corazza costruita in anni di vita. O una scena stupenda che è metafora di tutto il film: Gheorghe che strazia un agnellino morto per togliergli la pelle e metterla su un altro agnellino rimasto senza madre, nella speranza che la madre dell’altro lo allatti. Si passa dalla truculenza alla poesia pura nel giro di pochi minuti, e con una disarmante naturalezza
La bravura degli attori, in questo film, è una cosa da lasciare attoniti.
Dal non mai abbastanza apprezzato Ian Hart, qui nella parte del padre semi-paralizzato, al quale regala una sofferenza sotterranea e tangibile, a tratti davvero straziante, alla sempre incredibile Gemma Jones (tanti se la ricorderanno come la mamma svampitella di Bridget Jones, ma guardatela un po’ qui nella parte della nonna rude ma stra-amorevole e poi ne riparliamo), a quella di questi due giovani attori (Josh O'Connor e Alec Secareanu), ce n’è da riempire casse di premi. Ieri sera dopo il film ho visto delle interviste a O’Connor, e per un attimo ho pensato ad un errore: quel ragazzo che sembrava uscito da Oxford con un gran sorriso e l’aria ipercool NON poteva essere Johnny. E invece sì, ed è quello che succede quando uno è un grande attore: è diventato un altro, al punto che non lo riconosci.
Dal non mai abbastanza apprezzato Ian Hart, qui nella parte del padre semi-paralizzato, al quale regala una sofferenza sotterranea e tangibile, a tratti davvero straziante, alla sempre incredibile Gemma Jones (tanti se la ricorderanno come la mamma svampitella di Bridget Jones, ma guardatela un po’ qui nella parte della nonna rude ma stra-amorevole e poi ne riparliamo), a quella di questi due giovani attori (Josh O'Connor e Alec Secareanu), ce n’è da riempire casse di premi. Ieri sera dopo il film ho visto delle interviste a O’Connor, e per un attimo ho pensato ad un errore: quel ragazzo che sembrava uscito da Oxford con un gran sorriso e l’aria ipercool NON poteva essere Johnny. E invece sì, ed è quello che succede quando uno è un grande attore: è diventato un altro, al punto che non lo riconosci.
Il padre (Ian Hart) |
La nonna (Gemma Jones) |
Ma ha avuto ragione, perché la naturalezza dei loro gesti, mista ad una dose di stupore nei confronti della natura e degli animali, è parte integrante della bellezza di questo film.
Se volete ritrovare fiducia nel genere umano, l’unico film di Natale possibile è proprio questo qui: Johnny e Gheorghe sono più veri e poetici dei cowboys di Brokeback Mountain, più teneri dell’orsetto Paddington e più innamorati del Principe Harry e di Meghan Markle.
Più che il film di Natale, a pensarci bene, questo è il film dell'anno.