Cielo blu, sole sfolgorante, temperatura mite. Persino io faccio fatica ad andare al cinema (e comunque ieri sera ci sono andata, e ho recuperato un film di Gus Van Sant che avevo sempre perso per qualche misteriosa ragione: My Own Private Idaho).
Gran bel film, ma non è di questo che vorrei raccontare.
Oggi, di ritorno verso casa dopo un brunch con amici, anziché fare il solito percorso, ad un certo punto ho deviato in una stradina poco conosciuta. Nel mio quartiere, anche di domenica, è quasi tutto aperto. Non faceva eccezione questa minuscola libreria di seconda mano. Mi sono fermata a dare un'occhiata e in una delle due vetrine ho visto una vecchia copia dei Cahiers du Cinéma. Di quelle degli anni '50-'60, con la copertina gialla. Ho sgranato gli occhi: quello non era un numero qualsiasi, era il numero dedicato ad André Bazin (il fondatore della rivista), morto nel 1959, proprio l'anno in cui tutti i suoi redattori, scatenati cinéphiles, passavano dalla penna alla macchina da presa.
Truffaut stava girando Les 400 coups, quando Bazin è morto, e infatti il film è dedicato proprio a lui. Insomma tempo zero sono entrata nella libreria, già mezza rassegnata al fatto che, trovandomi di fronte a questo pezzo raro, il prezzo sarebbe stato di quelli che ti fanno subito passare la voglia. Ho chiesto alla proprietaria, che non si ricordava la cifra, così siamo andate insieme verso la vetrina, ma il negozio era talmente piccolo che io sono dovuta uscire, mentre lei tirava giù la rivista dallo scaffale. Era una scena un po' surreale, in effetti. Lei ha controllato la prima pagina, poi mi ha guardato, io ero sempre fuori, e mi ha fatto segno, aprendo un palmo delle mani. Ecco, ho pensato, costa 50 euro, figurati. Poi ho guardato le sue labbra, stavano dicendo: cinque. Sono rientrata, ho urlato: Lo prendo!
Chabrol e Godard nella sede dei Cahiers du Cinéma |
Mentre facevo gli ultimi metri verso casa e guardavo felice la foto in copertina: André Bazin, sua moglie Janine e il loro pappagallo Coco, riflettevo divertita a quanto possa variare, nella vita, la scala di valori che ciascuno di noi ha. Per me questa rivista di cinema poteva valere 50 euro (ma anche se mi avessero detto 100 non avrei battuto ciglio) e per questa libraia soltanto 5. Non è incredibile?
Poi sono arrivata a casa e ho iniziato a sfogliare il numero, ovviamente bellissimo, nel quale tutti i redattori hanno scritto un omaggio a quest'uomo considerato straordinario. Quello di Truffaut inizia con queste parole: Il faisait bon vivre avant la mort d'André Bazin (era bello, vivere, prima della morte di André Bazin). E continua spiegando quanto Bazin lo avesse aiutato, prima tirandolo fuori dal riformatorio, poi salvandolo dalla corte marziale militare (perché quel fuori di testa di Truffaut si era arruolato volontario per combattere tre anni in Indocina a causa di una delusione amorosa, salvo poi cambiare idea... v'ho già detto tutto del mio regista preferito) e infine trovandogli lavoro come critico cinematografico per le riviste Arts e Cahiers du Cinéma.
Ma il pezzo sublime è questo: Non sono che uno dei tanti che Bazin ha aiutato nel corso della sua vita, ma sono probabilmente quello che ha aiutato di più. Gli devo in ogni caso di avermi fatto colmare la distanza che separa il pazzo di cinema dal cineasta, gli devo il mio essere felice e il mio poter rendere felici gli altri.
Et oui, il faisait bon vivre avant la mort de Bazin et de Truffaut...