venerdì 23 settembre 2011

La Rivincita delle Ragazze dai Capelli Corti

Jean Seberg - Our mascotte!
Readers got it right!
Apparently, the most loved post written by Zazie in her blog's history, is the one about girls having short hair. Being part of the category, I'm particularly proud and happy of this result. In a world where the standards of beauty are still anchored to the old, stiff idea that girls should have long hair (and possibly big bubs), Zazie's readers showed their modern, intelligent approach: the hair cut à la garçon is much, much loved! 
Here's a bunch of other movies (mainly indicated by my readers) to celebrate the fact that short hair girls can be gorgeous, funny, smart, sweet, brave, a bit crazy, sexy and very, very sophisticated
I also would like to celebrate the second anniversary of Le Blog de Zazie... ins't that incredible? Already two years and it feels like yesterday that I started bothering you with my cinema obsession. 
Well, what can I say? I love you all, dear readers!
Zazie

Short hair girls are:

NOT AFRAID OF ALIENS

Like Sigourney Weaver in Alien 3 by David Fincher (1992)


NOT AFRAID OF ALIENATED HUSBANDS
Like Charlize Theron in The Astronaut's Wife by Rand Ravich (1999) 


NOT AFRAID OF THEIR MOTHERS (WELL, ALMOST...)

Like Jamie Lee Curtis in Halloween H20 by Steve Miner (1998)


NOT AFRAID OF DANIEL DAY LEWIS
Like Fiona Shaw in My Left Foot by Jim Sheridan (1989)


NOT AFRAID OF FALLING IN LOVE
Like Shirley MacLaine in The Apartment by Billy Wilder (1960)


 
or Like Mia Wasikowska in Restless by Gus Van Sant (2011)


AND NOT AFRAID OF BEING ABSOLUTELY FABULOUS!!!

Like Jean Seberg in Bonjour Tristesse by Otto Preminger (1958)

domenica 11 settembre 2011

And the winner is...

Zazie is very happy!
Yesterday night, one of her favourite actors, the German/Irish Michael Fassbender, won the Coppa Volpi for the Best Performing Male Actor at the Venice Film Festival. The movie for which he won this award, Shame, is by British artist Steve McQueen. 
If you are a reader of this blog, you know that I've been talking about this guy since a very long time. As a matter of fact, since I've seen him playing in the first movie by McQueen: Hunger, a real gem, a movie about the story of Bobby Sands, the IRA guy who starved himself to death in an Irish jail in the early 80's. Fassbender's performance was simply O U T S T A N D I N G and I would have covered him with prizes for what he did in that movie.
Our man has been clever enough to make great career choices since then. He played in Inglorious Basterds by Quentin Tarantino, Fish Tank by Andrea Arnold, Jane Eyre by Cary Fukunaga and X-Men: First Class by Matthew Vaughn, among others. At the Venice Film Festival, he was present with two movies: Shame and A Dangerous Method by David Cronenberg. I mean: this guy knows what he is doing.
Of course, he has already received the most important prize of his career a couple of years ago: the famous "Man of my Life Award" of the Zazie D'Or 2009 edition.
Michael, the award is still here at my place... now that you have learned a bit of Italian for the Venice Film Festival, maybe it is time for you to come along and take it.
The address (and my love for you) remained the same. 

giovedì 1 settembre 2011

On connaît (et on adore) la chanson!

Mi piacciono da morire.
Che cosa? I film francesi, in generale, e quelli in cui si canta in particolare. Negli ultimi giorni ne ho visti due che sono dei gioielli rari e preziosi. Che mi hanno incantata, emozionata, sconvolta, che mi hanno fatto ridere, piangere, mi hanno fatto capire cose, posto delle domande fondamentali, aiutato a soffrire con leggerezza, e trasportato in vite che non sono la mia ma avrebbero potuto essere. Sto parlando dell'ultimo film di Christophe Honoré: Les Bien-Aimés, e della seconda opera della giovane regista Valérie Donzelli: La Guerre est déclarée. Un uomo e una donna, dietro la macchina da presa, accomunati da una stessa sensibilità, dal desiderio di raccontare tragedie senza piangersi addosso ma anche senza aver paura di essere romantici, o fuori moda, o di fare film come se ne fanno tanti di questi tempi: senza cuore.
Les Bien-Aimés racconta la storia di una madre e di una figlia, tanto spensierata ed istintiva la prima quanto seria ed ossessiva la seconda, e dei loro amori. A volte ridicoli, a volte tragici, ma sempre totali e vissuti fino in fondo. Le loro vite vanno dagli anni '60 della madre ai 2000 della figlia, e Honoré ci passa attraverso con quello strano miscuglio tutto suo: uno stile a metà tra un film di Jacques Demy e una canzone di Morrissey, sempre al limite del kitsch ma troppo intelligente per cascarci in pieno. Nel film, ogni scusa è buona per mettersi a cantare (cosa che a Honoré riesce facile perché ha scelto come complice l'ottimo musicista Alex Beaupain, il suo personale "Michel Legrand"), per parlare dei suoi argomenti preferiti (l'innocenza della gioventù, la follia del sentimento amoroso specie quando non è corrisposto, l'essere gay e quello che ne consegue, sieropositività - a volte - compresa), e fare omaggi a pioggia alla Nouvelle Vague. Scegliere Catherine Deneuve per il ruolo della madre è già una dichiarazione di intenti: tra tutte le attrici, proprio quella che vendeva gli ombrelli a Cherbourg... ma guarda un po'! E "travestire" Louis Garrell da Jean-Pierre Léaud ogni volta che compare nei suoi film, pure. Ma sia ben chiaro: chi si lamenta? Honoré è uno di quei rari registi che ha saputo creare in poco tempo un universo particolare, tutto suo, un mondo che migliora, si rafforza e si fa più profondo ad ogni opera. Gli attori sono tutti strepitosi, le canzoni magnifiche, la storia coinvolgente ed originale, e la macchina da presa sa il fatto suo. Tocco di classe finale: il film è dedicato alla memoria di Marie-France Pisier, attrice truffautiana scomparsa di recente, che aveva recitato per Honoré nel suo bellissimo Dans Paris. Io personalmente quando esco dalla visione di uno dei suoi film rimango tramortita di tristezza per ore, ma spero sia un problema solo mio (per favore, lettori, ditemi se capita così anche a voi!).
La Guerre est déclarée, invece, è un film che parla di una storia vera. Quella realmente accaduta a Valérie Donzelli e al suo compagno (Jérémie Elkaïm, che nel film ha il ruolo del protagonista): belli, giovani e innamorati, hanno un figlio, Adam, ma dopo qualche mese si rendono conto che qualcosa non va. Il bambino non cammina, vomita senza una ragione apparente e lascia pendere la testa da un lato. Si rivolgono ad una pediatra di cui hanno fiducia, e questa si accorge che Adam ha una semi-paralisi facciale. Da lì, ha inizio il loro calvario: il bambino ha un tumore maligno al cervello, si può intervenire ma è gravissimo. L'operazione funziona, ma Roméo e Juliette (questi i loro nomi di finzione nel film) dovranno affrontare lunghi anni in cui il figlio sarà sottoposto a chemioterapia e cure di ogni genere prima di potersi considerare definitivamente guarito. La loro coppia non sopravvivverà, ma il loro amore verso Adam li terrà uniti fino in fondo. 
Valérie Donzelli riesce con questo film in un'operazione quasi inumana: rendere "leggero" il racconto di uno dei dolori più immensi che esistano. Non c'è mai posto, nemmeno in una singola scena, per piangersi addosso, ricattare moralmente lo spettatore, far leva sulla pietà o magnificare il proprio ruolo di genitori modello. La Donzelli dice le cose come stanno: ecco due esseri umani prostrati, confusi, storditi dagli eventi e da mille domande (perché noi? perché il nostro bambino?), sommersi dalla paura, eppure ancora vivi. Pronti a lottare fino allo stremo, con i pochi mezzi e le poche forze a disposizione, in nome del loro amore e di quello per il loro bambino. Irresistibile, ad esempio, la scena della notte prima dell'operazione al cervello al bambino, nella quale fanno l'elenco delle loro paure: ho paura che Adam diventi sordo, cieco, muto, frocio, nero, e che voti Fronte Nazionale! La Donzelli, per sdrammatizzare, ha un vero talento. Bravissima anche nella scelta degli attori: tutti sono perfetti (i medici, le infermiere, i genitori borghesi di lei, la madre lesbica di lui, gli amici), e in quella della musica, che in questo film ha un ruolo fondamentale. La regista ne fa un uso straripante, come se fosse uno dei protagonisti della storia, e in un momento drammaticissimo del film, c'è anche posto per una canzone (composta e cantata da lei e Elkaïm). Verrebbe quasi da pensare di essere in un film di Honoré, invece è semplicemente un altro film francese.
On connaît la chanson! E' vero. E non solo la conosciamo a memoria, ma la vorremmo cantare a squarciagola. 
Perché ci piace. Ci piace da morire.
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