giovedì 29 luglio 2010

In vino veritas


Yesterday night I had dinner at some friends’ place in Rue Monge, 5ème arrondissement of Paris.
My friend Patricia and I were supposed to bring the wine, but we couldn’t find a store near them and so, since she was carrying a lot of bags, I told her to go straight to our friends’ place, while I would have gone in search of the wine.
I started walking, but strangely enough the famous “Nicolas” sign wasn’t anywhere to see. My only chance was to go towards Rue Mouffetard, a street full of shops. Once I approached the road, I realized that something was going on. At first, I just thought that half of the population of the 5th arrondissement was out, taking an apéro en terrasse, but then a young woman got close to me and politely asked me to go on the other side of the street, because "it wasn’t possible to go any further". I probably looked at her in disbelief, because she looked back at me and she asked me the same thing in English. It was just at that moment that I understood I stumbled upon a film set.

The little piazza and the final part of Rue Mouffetard were plenty of big trucks, technicians and curious people. They were filming in front of a fruit & vegetables little store, not particularly nice, I have to say. At first, I just thought they were shooting an advertisement and I didn't pay much attention. Plus, on the opposite side of the street, I finally saw the wine store sign. I managed to cross the piazza, and once arrived where the people were gathering, I recognised Owen Wilson standing outside the shop. Oh, this is a movie, after all... and it must be a Wes Anderson one! – I thought. But then somebody near me started whispering: C’est Carla! I looked back: as a matter of fact, Carla Bruni Sarkozy was talking to Owen Wilson. Oh, this must be the new Woody Allen movie, then! My eyes now were looking for him. And there he was, one of my favourite film-makers, watching what he just filmed on a small screen. He was so concentrated: he looked like the outside world didn’t matter to him at all. I know this could sound stupid, but in a way it felt so natural to have found the set of a Woody Allen movie just around the corner, here in Paris. Because this is how life should be. The whole time, I mean. I could have stayed there forever, just looking at the lovely mess all around.

But then I remember my friends waiting and my mission: the wine! I entered into the shop: every single person, the owners as well as the customers, instead of looking at each other or at the bottles of wine, was looking outside the shop windows. Everybody was talking about what was going on in the street. The Parisians, for once, put aside their proverbial discretion and were talking to strangers.
Since what time have they been filming? – I asked to the shop guy.
Since 5 pm. Are you Italian? My accent ruined the whole thing, again, I thought.
Yes, but I have the wrong surname’s colour, I replied.
He looked at me inquiringly: he didn't pick up the joke.
He couldn’t know that, instead of having a Bruni in front of him, he just had a Bianchi.

domenica 25 luglio 2010

Avoir 20 ans


Da qualche giorno, qui a Parigi, è tutto un rifiorire di Cinémas en plein air. Complice il clima mite, e le belle giornate di sole, i parigini rimasti in città possono godere di un'ottima programmazione cinematografica.
Alla Villette, in particolare, si celebra quest'anno la ventesima edizione dei loro film all'aria aperta e il tema scelto, per l'appunto, è proprio questo: Avoir 20 ans.
La vostra Zazie, scorrendo il programma, ha iniziato a pensare ai suoi 5 film preferiti sull'argomento. E si è lanciata in una sfida: 5 film provenienti da 5 paesi diversi.
Eccoli qua... e i vostri, cari lettori, quali sono?
La curiosità, si sa, è femmina... e cinéphile!

ITALIA - La Cotta (Ermanno Olmi)



FRANCIA - Antoine et Colette (François Truffaut)


CANADA - J'ai tué ma mère (Xavier Dolan)


GIAPPONE - Kids Return (Takeshi Kitano)


MESSICO - Y tu mama también (Alfonso Cuaron)

martedì 20 luglio 2010

Una Storia Vera

Mi sono spesso chiesta se il fatto di condividere la stessa passione renda le persone più unite, più capaci di capirsi, più simili nel loro modo di concepire la vita e di viverla. Il fatto di tifare per la stessa squadra, ad esempio, mi chiedo affascinata io che non ho mai potuto soffrire il calcio, fa sì che le persone sappiano di cosa parlare quando si incontrano anche se un attimo prima erano perfetti sconosciuti?
Con il calcio non saprei, ma con il cinema questa teoria funziona.
Quando incontro qualcuno che ama i film, è raro che nella stanza cali il silenzio. E spesso, guarda caso, si finisce con lo scoprire che si amano anche gli stessi libri, la stessa musica, insomma più o meno le stesse cose. Certo i gusti possono essere molto diversi, e ci stanno pure delle animate discussioni su registi, film e attori, ma il mondo lo vediamo tutti da quella prospettiva lì.
Quella della poltrona di un cinema.

Ho una bella storia (vera!) da raccontare, in proposito.
Se seguite questo blog da vicino, forse vi ricorderete dei miei post su due film italiani la cui bellezza mi aveva colpito in maniera plateale: i documentari (ma chissà perché mi sembra riduttivo definirli tali) del giovane regista casertano Pietro Marcello. Ho già spiegato come, tramite alcuni amici comuni, avessimo avuto un contatto epistolare, ma la novità è che la scorsa settimana, complici quegli stessi amici (Sara Conforti ed Emiliano Morreale, pratiche di beatificazione già in corso) e la coincidenza di trovarsi nella stessa città (Roma), Pietro l’ho conosciuto per davvero.
Che posso dirvi? Che già dopo due minuti che parlavo con lui mi sembrava di stare a casa.
Ad esempio, ha raccontato di aver portato il suo film, La Bocca del Lupo, in centinaia di festival cinematografici (compresi alcuni molto importanti), ma che il suo preferito è stato il Midnight Sun Film Festival, il festival che i fratelli Aki e Mika Kaurismäki organizzano tutti gli anni a metà Giugno a Sodankylä, in Lapponia. E’ da sempre che voglio andare a quel festival, da sempre che Aki Kaurismäki è, in una mia personalissima classifica, fra i primi cinque esseri umani per cui valga la pena vivere. Ho pensato che avrei anche potuto confessare a Pietro, così su due piedi, che un paio d’anni fa ho preso una settimana di ferie per vedermi l’integrale dei film di Kaurismäki qui a Parigi, che ho pianto tutta una sera quando ho saputo che Matti Pellonpää era morto e che ho una cartolina di Télérama attaccata al computer con la didascalia “Aki Kaurismaki tra due camerieri del Grand Hotel di Cannes” ma che in realtà uno dei due camerieri è Timo Salminen, il suo storico direttore della fotografia. E che ho il forte sospetto di essere l’unica al mondo ad averlo notato (forse l’unica no, immagino che anche Salminen e la moglie se ne siano accorti). Insomma, particolari inquietanti che di solito evito accuratamente di esternare dopo il primo quarto d’ora che conosco qualcuno per paura di essere considerata una pazza completa, qui sentivo di poterli divulgare in assoluta tranquillità.

Ve l’ho detto, e ve lo ripeto, il cinema accomuna.
E così, dopo il regista finlandese, siamo passati agli altri dèi del nostro pantheon cinematografico: Terence Davies, Aleksandr Sokurov, Andrei Tarkosvky, Ingmar Bergman, i registi della Nouvelle Vague, quelli del Free Cinema inglese, Pedro Costa e gli altri portoghesi, Mike Leigh, per poi discutere di cinema americano che entrambi amiamo molto meno di quello europeo, ed infine arenarci su David Cronenberg, per cui io tifo ma lui no.
Sono rimasta sconvolta nel sentire con quali pochi soldi è riuscito a fare i suoi documentari, un po’ meno nell'apprendere che non ha nessuna intenzione di chiederne al Ministero per fare il suo prossimo film (questa volta di pura finzione, e non vediamo l’ora!).
E mi ha lasciato senza parole raccontandomi di aver trovato casa ad Arturo, il protagonista del Passaggio della linea, che passava la sua vita sui treni. Dal momento che mi affeziono ai protagonisti dei film come a dei parenti, è stato come se mi avesse detto di aver trovato casa a mio nonno. Sacré Pietro!, come direbbero i francesi.
E Sacré Rencontre!, aggiunge la blogger.

Quando Pietro ha tirato fuori un pacchetto delle sue sigarette, l'ho guardato stranita: mai viste prima.
Mi ha spiegato che erano "quelle del Monopolio", le 3 Stelle.
Non ho potuto fare a meno di pensare alle tabelle dei critici cinematografici, quelle dove si mettono le stelline per indicare l'indice di gradimento dei film, e che di solito vanno da uno (non vale la pena di scomodarsi) a cinque (capolavoro da non perdere).
Ecco, io a questa storia vera che sembra un film darei un voto alto... se non vi dispiace!
Zazie

p. s. Un grazie a Roberto Dulio, detto anche "il Richard Avedon de noantri", per la Hipstamatic super cool scattata a Pietro e Zazie! Fossi in te, caro Roberto, lascerei il ramo architettura e mi consacrerei alla fotografia...

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